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Dopo due inverni dove sia le precipitazioni che la neve hanno quasi del tutto ignorato il Nord Italia e in particolare la nostra Provincia, la Giornata Mondiale dell’Acqua giunge a noi con una diversa consapevolezza. La primavera si inaugura con corsi d’acqua silenziosi e risorse idriche ai minimi storici, con monti dai prati color oro scaldati al sole, la poca neve nascosta negli anfratti a Nord.

In valle Argentina si è tornati a parlare di diga grazie ad una progettazione di fattibilità finanziata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che ha individuato in Liguria la vallata come sede di un intervento atto a contrastare la siccità. Non si sa ancora nulla di preciso ma certo è che l’eco dei giorni vissuti 60 anni fa torna a farsi sentire prepotentemente.

Era il 1963 quando cominciò la costruzione dell’invaso sotto l’abitato di Glori, un muro di 90 metri contro il quale tutti gli abitanti della valle sottostante hanno combattuto uniti, sia per il disastro del Vajont avvenuto lo stesso anno che per la zona la cui roccia non era considerata adatta. I lavori cessarono e della diga non restano che delle cicatrici scavate nella roccia e la nuova strada costruita per aggirare l’invaso.

Ma i tempi sono cambiati e il cambiamento climatico in atto ci porta a dover compiere scelte per il futuro: impensabile un invaso delle vetuste mastodontiche dimensioni, ma un progetto per anche più invasi di piccola portata come il lago di Breil nella vicina val Roya potrebbero essere un’opzione da non sottovalutare.

La memoria recente però ci consegna un altro tassello drammatico, ovvero il disastro dell’alluvione di ottobre 2020 che mette in luce la fragilità del nostro territorio in prevalenza abbandonato: se ci fossero nuovi invasi andrebbe gestito anche tutto il loro retroterra, affinché i detriti portati a valle incessantemente dall’incuria non creino la situazione della “bomba d’acqua” che ad ottobre causò la piena anomala in valle.

Dire di no a prescindere visti i cambiamenti in atto non è plausibile, dire di sì a cuor leggero sapendo come spesso finiscono le storie da noi lo è altrettanto. Riflettiamo su questo tra le cicatrici della diga di ieri pensando a cosa ci riserverà il domani.