La signorina Pedani è viva e lotta insieme a noi

Nel 1886 l’editore milanese Treves pubblicava Cuore, di De Amicis. La grande fortuna dell’opera portò alla riduttiva identificazione della stessa con il suo autore. Tale indebito procedimento, unito al giudizio negativo della critica, contribuì al disinteresse per la restante produzione deamicisiana che, benché vasta e variegata, fu tenuta per decenni in scarsa considerazione.

La svolta si concretizzò nel 1971, a Torino, città di adozione di De Amicis, quando un altro autore ligure, Italo Calvino, allora direttore della collana einaudiana Centopagine, ripropose Amore e ginnastica, che considerava la maggiore espressione artistica dello scrittore onegliese.

Il racconto, uscito in quattro puntate nel 1890 sulla rivista Nuova Antologia, è una finestra sulla Torino di fine Ottocento, sul faticoso processo di nation building dell’Italia postrisorgimentale e sui drammatici problemi dell’alfabetizzazione e del “corpo malato” degli italiani, rivelato da sconcertanti percentuali di inidoneità al servizio militare. Qui si inseriva il dibattito sulla ginnastica, in cui si fronteggiavano la scuola torinese, di Obermann, che sosteneva la scelta dell’istruzione premilitare di stampo prussiano, e quella bolognese, rappresentata da Baumann fautore di un approccio scientifico, naturale, ed educativo alla disciplina da estendere anche alle ragazze.

De Amicis descriveva la polemica con ironia, rigore e competenza e rivelava le sue preferenze affidando la difesa del Baumann alla protagonista, la bella, intelligente e determinata signorina Pedani, mentre lasciava perorare il metodo di Obermann ai più scialbi ing. Ginoni e maestra Zibelli.

Due anni dopo, sempre su Nuova Antologia, l’autorevole fisiologo Angelo Mosso sferrava un violento attacco alla vecchia ginnastica e sollecitava l’introduzione nella scuola italiana  degli sport inglesi. Proposta che trovò l’ostilità dei ministeri della Guerra, dell’Istruzione e degli stessi insegnanti.

Storie di più di un secolo fa… invece ora?

Ora ci sono i Campionati Studenteschi, tanti convegni e impegnative dichiarazioni di intenti. Foglie di fico per un’istituzione che non crede nel valore formativo dello sport, che non si è mai dotata un vero progetto di educazione all’agonismo e, attraverso l’agonismo, al fair play. Non dimentichiamo l’ora di educazione fisica da molti considerata un intervallo prolungato e l’allenamento pomeridiano un intoppo allo studio. Oppure vogliamo parlare degli impianti sportivi scolastici?

Tutto ciò non spiega solo perché non vinceremo mai il Sei Nazioni ma anche il nostro primato europeo per bambini obesi e in sovrappeso e le città in stato d’assedio in occasione di particolari partite.

Se pensiamo poi all’orario della scuola primaria che prevede solo un’ora settimanale di educazione fisica persino per le classi a tempo pieno rimpiangiamo chi si batteva come una leonessa per la ginnastica nella scuola, scontrandosi contro il muro di gomma dell’incultura e del pregiudizio.

 

Francesco Sarchi