Il navigatore dell’infinito

L’investigazione è, o dovrebbe, essere trattata con freddezza e senza emotività. Avete tentato di tingerla di romanticismo il che suscita notoriamente il medesimo effetto che se aveste elaborato una storia d’amore o un rapimento nella quinta proposizione di Euclide.

Sono le parole attribuite da Sir Arthur Conan Doyle a Sherlock Holmes quando questi rimprovera il povero Watson di eccessivo sentimentalismo nel resoconto delle sue avventure che lui, sostenitore della detection quale un’estensione della logica matematica, vorrebbe veder trattate con assoluto distacco.

Certo una simile contestazione non potrebbe essere rivolta al gesuita Girolamo Saccheri, teologo, filosofo e matematico sanremasco vissuto tra i secoli diciasettesimo e diciottesimo. Saccheri, fu soprattutto un matematico, nel 1697 pubblicò la Logica demonstrativa, in cui trattava in modo approfondito delle dimostrazioni per assurdo.

Diversi anni dopo, utilizzando quest’ultimo procedimento cercò di dimostrare la veridicità del V postulato di Euclide assumendo come ipotesi iniziale la sua negazione.

Non riuscì nell’mpresa, come del resto fallirono tutti i tentativi intrapresi lungo i quasi due millenni che separano gli Elementi di Euclide dal suo Euclides ab omni nævo vindicatus, stampato nel 1733. Di deduzione in deduzione, però, nel tentativo di arrivare ad una contraddizione con la premessa iniziale, gettò le basi delle geometrie non euclidee, che oggi trovano applicazione nello studio dell’infinitamente grande, dell’infinitamente piccolo e non solo.

In quanto autore inconsapevole di una grande scoperta verrebbe da paragonarlo a Colombo, ma in effetti tutto ciò sarebbe riduttivo. Il navigatore genovese nel tentativo di buscar el levante por el ponente ha allargato i confini di un mondo finito mentre Padre Girolamo ha contribuito a elevare all’ennesima potenza un mondo già di per sé infinito…

Francesco Sarchi