Il rosa è un colore da femmina

A chiunque abbia figli, nipoti o cugini piccoli da viziare sarà indubbiamente capitato di perdere una giornata intera tra centri commerciali e catene specializzate per comprare giocattoli. Il reparto dei giocattoli rosa è riservato alle bambine, mentre il reparto dei giocattoli blu è quello dei maschietti. Poche sono le eccezioni che in genere si tingono di giallo. Nel reparto rosa troviamo bambole da truccare, neonati da accudire, ferri da stiro, aspirapolveri in miniatura, pentole e fornelli. Nel reparto blu invece troviamo pistole, trattori, auto, elicotteri. Più che un centro commerciale sembra la fiera degli stereotipi.

Se per i nostri genitori o i nostri nonni era considerato normale che l’uomo e la donna avessero ruoli nettamente distinti, oggi per fortuna le cose stanno cambiando: gli uomini di oggi sanno anche cucinare, cambiare i pannolini e stirare, le donne sanno anche progettare case, guidare autobus e bere al pub. Se i trentenni e i quarantenni di oggi hanno superato (o stanno superando) alcuni stereotipi millenari, per gli “under 10” è ancora una vitaccia. Un bambino non può giocare ad essere padre o ad essere casalingo così come una bambina non può giocare ad essere pompiere o poliziotta. Per carità, possono anche farlo, ma il conto da pagare è salatissimo: se un bimbo vuole una maglietta rosa irrimediabilmente sarà schedato come omosessuale mentre una bambina che vuole un camioncino sarà schedata come lesbica.

Figuriamoci poi se un bambino gioca immedesimandosi nella splendida Elsa di Frozen o in Cappuccetto Rosso o Biancaneve. Iattura! Vuoi vedere che questo da grande mi diventa ballerino o, peggio, ballerina?

Camilla Vivian, di Firenze, è madre di tre figli. Del suo secondogenito dice che “nonostante sia biologicamente maschio ha dimostrato fin da piccolino una predilezione per tutto ciò che apparteneva al mondo femminile”.

Gender creative, così si usa definire oggi questa predilezione. In Italiano potremmo parlare di bambini con una identità di genere atipica. Alla mia domanda se basta desiderare una Barbie e una maglietta rosa per essere definiti gender creative Camilla risponde che “il punto siamo noi grandi, mica i piccoli: loro vogliono solo essere bambini” e aggiunge “io purtroppo non sono ancora giunta a nessuna conclusione perché credo che conclusione non ci sia. L’unico dato certo su questi bambini è che hanno coraggio e carattere da vendere e a differenza di tanti adulti decidono di percorrere una loro strada. Qual è? Secondo me nessuno lo sa veramente. Noi ‘binari’ abbiamo bisogno di stabilire quali siano i due binari appunto e dove stia ognuno. Appena qualcosa non sta né di qua né di là … allarme rosso. E iniziamo a interrogarci e preoccuparci.”

Camilla, che con il suo sito miofiglioinrosa ha portato in Italia una realtà che ancora era sconosciuta, risponde con simpatia e competenza a tutte le persone desiderose di abbattere pregiudizi.

A proposito, ma il giallo non era mica il colore dei cornuti?

 

Marco Antei