mario piras - roberto basso
Mario Piras, nella foto a sinistra

Ho conosciuto Mario Piras, l’uomo che insieme a sognatori come il suo socio Martolini o lo storico “comandante” Gavagnin negli anni ’70, qualche tempo dopo che il Consiglio comunale di Sanremo approvò il progetto della costruzione di un nuovo porto turistico, il futuro Portosole.

Giovane cronista di Stampa Sera e La Stampa di Torino, ero stato incaricato di scrivere dell’evento e, soprattutto seguire i futuri sviluppi dell’impresa. Scrissi parecchio: Piras, Martolini, Gavagnin, il sindaco di quegli anni Parise ed altri illuminati (non molti) erano entusiasti, sicuri che l’opera, se compiuta, avrebbe rilanciato il turismo buono matuziano, quello dei nomi del jet set internazionale che oltre il mare, il mondo dell’industria, del cinema, del teatro, della musica, del festival frequentavano anche i casinò e la vicina Costa Azzurra, Montecarlo, Cannes, Saint Tropez. Piras, insieme a Martolini, era il motore del progetto.

Mesi fa, nella mia ultima intervista, Piras lo ritrovai combattivo e difensore del futuro di Portosole come negli anni ’70. Sulle spalle aveva il peso e l’orgoglio di 91 anni, dei successi ottenuti e negli occhi e nel cuore lo spirito sportivo e combattivo di quando vinse titoli italiani di Campione di Vela, quando venne insignito dei prestigiosi titoli di Console del Mare e Premio San Romolo o fu tra i fondatori della Cnis, la società Circolo Nautico Internazionale Sanremo che nel 1975, a fine lavori, trasformò in realtà la visione di Portosole.

Non ci vedevamo da anni, ma fu piacere sincero per entrambi incontrarci. Come fu nel secolo scorso per Portosole, un’opera indispensabile per Sanremo, ma che per Piras, Martolini e soci non fu solo e sempre latte e miele, anzi. E dire che che già negli anni ’50, un sindaco illuminato di Sanremo, Asquasciati, intuendo che dal mare potevano arrivare “aiuti turistici” insperati si era battuto ed era riuscito a convincere e a coinvolgere i parlamentari della Riviera dell’epoca al punto di riuscire a far classificare, dall’allora Ministro della Marina Mercantile Cappa, il porto sanremese tra quelli di “notevole interesse turistico” e far stanziare dal governo un primo aiuto di ben 190 milioni di lire per ingrandire l’allora approdo matuziano. Successivamente il Genio Civile delle Opere Marittime, presieduto dall’ing. Attilio Natale, diede altri sostanziosi contributi per il prolungamento di 350 metri del molo sud e di altri 250 metri del molo nord. Il Comune collaborò alla spesa con 50 milioni. Per trovare aiuti sindaco, maggioranza ed opposizione promossero una sottoscrizione popolare ed ottennero la bella cifra di 10 milioni di lire in poco tempo. Fu una specie di referendum volontario che registrò addirittura 2.000 firme di sanremesi disposti a sostenere l’impresa. Oggi si direbbe “duemila sponsor”. Insomma in molti avevano capito che quella era la strada giusta. Un business.

Mario Piras ha combattuto per le sue idee, allora come negli ultimi due anni della sua vita senza timore ha sfidato, con esposti al Tar ed altro, i suoi due competitor nella futura gestione di Portosole: il gruppo italo-francese capitanato dall’industriale Walter Lagorio, e il fondo inglese “Reubens Bros” dei fratelli Simon e David Reuben, potenza economica mondiale che, dopo aver acquistato attività e pezzi pregiatissimi in tutto il mondo, da circa 1 anno hanno messo gli occhi su Sanremo e stanno acquistando sue perle a raffica. Mario Piras, a torto o a ragione, per Portosole e per il futuro turistico e non solo di Sanremo vedeva e voleva un futuro diverso. Da industriale, ma anche da marinaio che rispetta le leggi del mare ed il prossimo.

Nell’ultima intervista, tra altre cose, mi ha detto: “Tu lo sai, io sono un matuziano vero. Forse te lo detto già il secolo scorso, io sono fedele a questo antico nostro motto: Li gens di San Remu navigoun san remu“. Il messaggio è chiaro: la gente di Sanremo, quella vera, buona, rispettosa, sa navigare senza remi. Politici, amministratori pubblici, industriali, uomini di potere in primis, ma anche tutti noi facciamoci un pensierino.