Short time! La mia brevissima avventura etero in Corea del Sud

Nel 2011 mi trasferii in Corea del Sud, nella città in cui solo 9 anni prima la nazionale italiana fu sconfitta dai padroni di casa durante il mondiale che fu poi vinto dal Brasile. Daejeon, qualora lo aveste dimenticato. Andai in pellegrinaggio a visitare lo stadio che ci fu fatale per capire come fosse potuto accadere, ma non capii una mazza.

Le mie avventure alla scoperta della Corea (per fortuna) non si limitarono ad un pellegrinaggio ad uno stadio. Andai alla scoperta di monti, spiagge, città, templi e ciliegi in fiore. Il 2 Giugno di quello stesso anno fui invitato (come tutti gli altri duecentotrenta Italiani residenti in Corea) alle celebrazioni della festa della Repubblica che si sarebbero tenute presso la villa del nostro ambasciatore, ovviamente a Seul. Tra gli invitati ricordo vescovi, politici, diplomatici e un sacco di compatrioti tanto spaesati quanto lo ero io.

Quel giorno per raggiungere Seul andai con troppo anticipo alla stazione di Daejeon. pertanto decisi che avrei pranzato nei pressi della stazione, prima di partire. Andai dunque alla ricerca di uno dei tanti ristorantini coreani dove in genere con pochi euro si mangia tanto e bene. Non riuscii a trovare nulla di soddisfacente quindi continuai a vagare fino a quando finalmente alcune signore (la più giovane avrà avuto cinquant’anni) mi fecero segno di andare da loro. Che bello – pensavo – finalmente un po’ di cucina casalinga “old fashion”.

Palesemente non lavoravano nello stesso locale visto che cominciarono seriamente a litigare per accaparrarsi l’unico affamato in circolazione. Decisi quindi di abbandonarle perché poco più in là una signora ancora più anziana mi convinse con la sua dolcezza. La seguii fino al suo locale con l’acquolina in bocca.

Quando la signora aperse la porta sgangherata di uno scantinato vidi una stanza di massimo otto metri quadrati, un materasso sudicio sul pavimento sporco, un posacenere pieno di mozziconi vicino al “giaciglio”. Guardai tutto spaventato la nonnina la quale per rassicurarmi mi disse: “sciott taim”. Capii che voleva dire short time, ossia che in pochi minuti avrei goduto delle sue grazie, avrei pagato e avrei continuato il mio viaggio verso Seul. Andai in panico, provai a parlarle in Inglese, dicendole che volevo mangiare, le dissi che ero gay, le feci gesti con le braccia mostrandole che volevo ingerire cibo e che non ero pronto ad avventure sentimentali del terzo tipo (né della terza età). In tutta risposta mi disse “very short time”. Non c’era nulla da fare, era proprio innamorata, voleva fare l’amore con me (dando per scontato che sarei durato poco, un dettaglio).

A quel punto altre persone cominciarono ad avvicinarsi, colleghe e protettori (suppongo). Quindi cominciai a correre verso la stazione tra gli insulti di tutti i presenti.

Alla fine comprai un hamburger che mangiai rapidamente prima di partire. Mi rifeci palato e stomaco la sera stessa con una cena italiana di altissimo livello pagata da voi contribuenti, kamsamnidà (grazie!).

 

Marco Antei