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I partecipanti e l’equipaggio a bordo della “Corsara” di Golfo Paradiso Whale Watching, partiti da Imperia, hanno avuto, il 2 settembre, una grossa sorpresa: una balenottera accompagnata da un cucciolo, un evento estremamente raro nel Mediterraneo nord-occidentale. Ma soprattutto non era una balenottera qualsiasi, bensì un individuo inconfondibile: si trattava di “Propeller”, riconoscibile a prima vista dalle impressionanti profonde cicatrici parallele sul corpo, che indicano che l’animale è sopravvissuto a una collisione con una imbarcazione.

Le balenottere comuni (Balaenoptera physalus), appartenenti alla seconda specie più grande mai esistita sulla Terra dopo la “azzurra”, si concentrano in estate nel Santuario Pelagos, la grande area protetta transnazionale tra Liguria, Francia e Sardegna; qui fanno soprattutto provvista di cibo, il krill mediterraneo, e si avvistano di regola solo adulti o giovani già svezzati. La presenza di un piccolo è un avvenimento eccezionale, anche se quest’anno i cuccioli di balenottera sembrano più frequenti del solito. Dall’inizio della stagione se ne registrano altri 6, di cui 5 avvistati proprio da Golfo Paradiso Whale Watching, e uno da Delfini del Ponente.

“Questo cucciolo è in ogni caso la balenottera più giovane avvistata di quest’anno”, racconta Jessica Picozzi, la biologa a bordo della motonave “Corsara”, testimone dell’evento, “e sembrava godere di buona salute. Anche la madre, seppur magra, ma non più di altre, appariva in buone condizioni nonostante le sue passate avversità”.

“Conosciamo bene la storia di questa balenottera, che deve aver sopportato grandi sofferenze”, dice Maddalena Jahoda ricercatrice di Tethys, l’Istituto che da oltre 30 anni monitora i cetacei del Santuario, “e con il nome che abbiamo scelto, Propeller, elica in inglese, volevamo ricordare che è stata sicuramente vittima dell’uomo. Noi la avevamo avvistata per la prima volta nel 1998 già con le vistose cicatrici tra il dorso e il fianco destro. Poi non era più stata vista per lungo tempo, facendo temere seriamente per la sua sorte”.

Ma nell’estate del 2010 era riapparsa nuovamente, e con una cicatrice in più: la pinna dorsale era collassata di lato, forse una conseguenza della prima ferita o forse addirittura un secondo incidente. Poi, grazie ai diportisti e allo stesso operatore di whale watching, erano arrivate altre segnalazioni di Propeller, una delle quali in ottobre in un’area abbastanza insolita, a poca distanza dalla costa, davanti al faro di Portofino. Infine, nel 2019 Propeller è stata rivista, sempre da Tethys, nuovamente al largo del Ponente ligure, a ulteriore conferma che nonostante le profonde ferite, era sopravvissuta ed era in buone condizioni.

“Purtroppo le collisioni sono una delle principali e concrete minacce alla sopravvivenza dei grandi mammiferi marini dei nostri mari”, sottolinea con preoccupazione Sabina Airoldi, responsabile del progetto Cetacean Sanctuary Research dell’Istituto Tethys. “Si calcola che ogni anno decine tra balenottere e capodogli siano vittime di collisioni nel Santuario, numeri troppo elevati per le ridotte dimensioni delle popolazioni dei nostri mari”.

Il Mediterraneo è uno dei mari più trafficati al mondo, il Santuario si trova proprio in uno dei punti più “caldi”, e le previsioni sono di un ulteriore costante e drammatico aumento lungo tutte le rotte. Senza contare che il rischio di collisione aumenta con l’aumentare della velocità, anche questa sempre in crescita. L’Istituto Tethys da anni monitora l’impatto di questa grave minaccia sui cetacei del Santuario Pelagos e insieme ad altri enti di ricerca affianca la Guardia Costiera in attività di prevenzione e mitigazione.

Propeller è l’emblema della resilienza dei cetacei del Mediterraneo, ma anche delle molte avversità che i mammiferi marini del Mediterraneo (e non solo) devono affrontare a causa dell’uomo. “Perché per ogni animale che si salva”, concordano i ricercatori, “molti altri sono morti senza che nessuno potesse testimoniarlo”.