L'Agnesi ha chiuso: e ora? Le manovre in Via Schiva
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Nel cambio turno delle 14 del 16 dicembre 2016 i dipendenti dell’Agnesi di Imperia si sono presentati davanti al portone dello storico pastificio di Via Schiva tenendo in mano simboliche bare di cartone. Davanti a loro un carro funebre. Si è conclusa così, con un vero e proprio funerale, la storia del pastificio più antico d’Italia. La proprietà, il Gruppo Colussi, ha infatti deciso di trasferire la produzione della pasta nel più moderno stabilimento di Fossano, nel cuneese, e di abbassare definitivamente le serrande del sito di Imperia. A nulla sono serviti anni di lotte, scioperi, marce e proteste. Angelo Colussi ha deciso di tirare dritto per la sua strada, lasciando a Imperia soltanto la sofferenza per aver perso un pezzo della sua storia e l’incertezza per il futuro di quell’area.

Cosa accadrà ora all’enorme stabilimento di Via Schiva, situato a pochi passi dalla frequentatissima Calata Cuneo? E che atteggiamento dovrà tenere la classe politica locale nei confronti dell’imprenditore triestino? Il sindaco di Imperia, Carlo Capacci, sembra non avere dubbi sul comportamento da assumere. “È chiaro che quello stabilimento chiuso nel centro della città per i prossimi 10 o 15 anni, com’è l’Italcementi, non ce lo possiamo permettere”, dichiara il primo cittadino. “È inutile fare demagogia e chiedere punizioni per Colussi, così ci facciamo solo del male da soli”.

Ma quali sono i piani della proprietà per lo stabilimento di Via Schiva? Il comunicato del Gruppo, rilasciato a margine del trasferimento della produzione della pasta a Fossano, si limitava a riconoscere “l’impossibilità di adeguare e sviluppare il sito produttivo di Imperia ai requisiti richiesti dal mercato nazionale ed internazionale”. Questo l’unico accenno allo stabile imperiese. Qualcosa in più è emerso nel corso di una riunione tra sindacati e dirigenti dell’azienda a fine novembre. In quell’occasione gli uomini di Colussi abbozzarono infatti l’ipotesi di trasformare il piano terra dello stabilimento in un grande parcheggio.

Sul futuro dello storico stabile di Via Schiva la politica imperiese si è in realtà già pronunciata. È accaduto il 7 giugno 2016, quando – dopo una marcia dei lavoratori Agnesi su Palazzo Civico – il consiglio comunale della città capoluogo votò all’unanimità la delibera che blocca la destinazione d’uso dello stabilimento. Il parlamentino imperiese ha di fatto stabilito che quello di Via Schiva deve rimanere un presidio industriale. Una scelta nata come guanto di sfida nei confronti di Colussi, ma che non è servita a cambiare il corso della storia. Anzi, secondo alcuni, quella scelta potrebbe oggi rivelarsi controproducente per la città, perché condannerebbe all’abbandono l’area in cui insiste lo stabilimento.

Non la pensa tuttavia così il sindaco Capacci. “Destinazione d’uso industriale fa riferimento a qualcosa di produttivo. Quindi, se si pensa a una o più attività produttive anche non di fabbrica, non credo che ci sarebbero problemi. Comunque la delibera, a fronte di garanzie, può essere anche cambiata”.

Ad oggi l’unico dato quasi certo è la realizzazione del Museo della Pasta al quinto piano dello stabile. Il quasi è dovuto alle perplessità espresse dai sindacati sia sul posizionamento (i macchinari si trovano infatti oggi tra il secondo e il terzo piano) sia sulla stessa sostenibilità economica del museo. “Io al Museo della Pasta non ci ho mai creduto”, afferma il segretario della Cisl Imperia-Savona, Claudio Bosio. “Abbiamo avuto in provincia di Imperia delle esperienze. Qui servirebbe avere una popolazione residente di almeno 3-400 mila persona. Il Museo, non collegato a un circuito internazionale, credo che non possa reggere, non tanto dal punto di vista dell’attrazione, quanto su quello della sostenibilità economica”.

La questione del futuro dello stabilimento è insomma una di quelle che dividono i cuori e le coscienze. Da una parte c’è, infatti, una certa voglia di rivalsa nei confronti di Colussi, al quale molti cittadini farebbero volentieri uno sgambetto impedendogli di trasformare lo stabile in qualcosa di diverso da ciò che hanno conosciuto per decenni. Dall’altra, la consapevolezza che lasciare nell’abbandono un’area così vasta non gioverebbe affatto alle aspirazioni turistiche della città.

Ma quanto tempo ci vorrà prima di avere un’idea chiara del destino dell’ormai ex stabilimento Agnesi? Per il sindaco Capacci la ferita che la città ha subito è ancora troppo fresca per mettersi a ragionare di piani futuri.

Insomma, per la politica locale si apre nuova partita. Dopo aver perso – senza forse aver compreso neppure le regole del gioco – quella per il mantenimento della produzione della pasta, c’è ora da affrontare quella per il riutilizzo dello stabile. Una partita non meno difficile e che richiederà idee chiare, capacità di confronto e strategia. Doti che, almeno fino ad oggi, la politica locale non ha dimostrato di possedere a pieno.