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Un report rilasciato nelle scorse settimane elaborazioni su dati Istat curato dalla Camera di Commercio Riviere di Liguria, con il supporto del Centro studi Tagliacarne (il Rapporto economico provinciale 2024) ha evidenziato come, sotto il profilo industriale, nel corso dell’ultimo decennio, la provincia di Imperia ha mostrato una crescita timida ma tutto sommato costante.

I numeri raccontano un territorio che, sotto questo aspetto, benché in larga parte fortemente legato alla propria identità produttiva, fatta di piccole imprese, manifattura alimentare e servizi ambientali, ha visto anche qualche piccolo passo in avanti da parte di comparti più innovativi.

Nel 2022 gli addetti del settore industriale erano 5.091, pari al 9,8% del totale degli occupati. Una quota ancora distante dai livelli liguri (15%) e nazionali (22,7%), ma superiore a quella di dieci anni fa, con l’occupazione di questo comparto che è cresciuta in generale del 6,5%, in linea con la media nazionale.

Le imprese restano di piccole dimensioni (mediamente cinque addetti contro i nove a livello italiano), ma sono riuscite ad aumentare la produttività. Il valore aggiunto per lavoratore è salito del 20,9% in sette anni, da 48.000 a oltre 58.000 euro. Una crescita più lenta rispetto al resto d’Italia e della Liguria.

L’industria imperiese resta saldamente radicata alle sue produzioni storiche, in particolare le lavorazioni di oli e grassi vegetali e animali. Si distingue per un indice di specializzazione tra i più elevati d’Italia, espressione di una tradizione olearia che continua a essere un pilastro e un punto di riferimento per l’economia locale. Accanto a questo si distinguono altri comparti legati alle risorse e ai servizi essenziali, come la fornitura di gas e acqua, raccolta dei rifiuti o l’estrazione di materiali da cava.

Anche l’agroalimentare conserva un peso rilevante, con buoni livelli di specializzazione nella produzione di prodotti da forno, nella conservazione di frutta e ortaggi e nella fabbricazione di altri alimenti.

Parallelamente si rileva anche la timida comparsa di nicchie di maggiore complessità tecnologica e specializzazione. Si tratta di piccole imprese attive in particolare nella fabbricazione di medicinali, nella riproduzione di supporti registrati o nella manutenzione di macchinari industriali. Numeri che sono ancora limitati, ma sufficienti a segnalarne la presenza e ipotizzare un consolidamento nei prossimi anni.

Nel 2022 gli addetti nei comparti high-tech e medium-high-tech rappresentavano complessivamente il 2,6% del totale provinciale, contro l’8,1% ligure e il 12,2% nazionale. Un dato ancora contenuto, ma in costante crescita, come dimostra l’aumento del 4,8% degli occupati nei settori tecnologici tra il 2013 e il 2022. La spinta principale arriva dall’high-tech, che segna un incremento del 26,3%, mentre il medium-high-tech si mantiene pressoché stabile con un +2,3%. In questo caso si tratta di un cambiamento, seppur modesto, significativo, soprattutto se confrontato con la tendenza regionale, che nello stesso periodo è rimasta quasi ferma (+1,1%), vedendo peraltro una contrazione non trascurabile nel comparto high-tech (-10,5%).

L’immagine complessiva che emerge è quella di un’industria di dimensioni contenute ma profondamente radicata nei propri settori tradizionali, con segnali di innovazione ancora moderati. Imperia non ha rivoluzionato la propria struttura produttiva, ma ha compiuto piccoli passi avanti in termini di efficienza, ampliando gradualmente la base occupazionale e mantenendo vitali i comparti storici che ne caratterizzano l’identità economica. Un’evoluzione lenta e costante maturata dopo un periodo complesso e difficile, in particolare quello relativo alla metà degli anni Dieci.