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Sono passati quasi sette mesi e da oggi è di nuovo come lo scorso mese di aprile. Ristoranti e bar sono autorizzati a servire pasti e bevande solo da asporto, il cliente si avvicina anche un po’ titubante all’esterno dell’esercizio commerciale, quando è il suo turno ordina ciò che gradisce, paga e se ne va con la sua consumazione.

È il modus operandi consentito dall’ultimo Dpcm finalizzato ad evitare gli assembramenti che un po’ si creano comunque tra le persone in coda ad attendere il proprio turno per essere servite, e comunque entro le ore 22. Chi vuole può successivamente restare aperto ma solo per i servizi take-away e delivery, un’opportunità che viene sfruttata da alcuni ristoranti ma non dai bar che non hanno ancora pensato, salvo rare eccezioni, di proporre formule che prevedano ad esempio l’aperitivo consegnato a casa o portato via dal cliente.

“Non credo che tutti i mali, cioè i contagi si possano creare nei bar e ristoranti che rispettano il protocollo di sicurezza – dice Fabrizio Rossi del Cafè Renaissance in Piazza Colombo a Sanremo – ma ci adeguiamo ormai abituati a subire decisioni che vengono dall’alto. Se ci avessero lasciato lavorare come prima, resta il fatto che c’è sempre meno gente: togli lombardi, piemontesi e francesi e la città si svuota”.

“Ci sono anche i lavori in corso nel tratto iniziale di via Matteotti ma in questo caso è stato scelto il periodo migliore, novembre, e visto come procedono veloci speriamo che presto potremo godere tutti del restyling in corso. Oggi i nostri clienti, uno alla volta, entrano, prendono il caffè in una tazza usa e getta e se ne vanno, non possono stazionare ma capiscono la situazione”.

“Anche noi ci siamo organizzati come la prima volta – conferma Fabio Compagnucci uno dei gestori del Bar Festival in via Matteotti – la gente si avvicina, aspetta il suo turno, ordina e porta via. Purtroppo una parte di vetrina con le nostre proposte di pasticceria e di salato non si può esporre e questo limita gli acquisti. Apriamo dalle 7 alle 17, cinque dipendenti li abbiamo messi in cassa integrazione, dopo aver già dovuto purtroppo ridurre il personale dopo il primo lockdown”.

“Questo tira e molla non mi sembra la soluzione migliore – dice – anch’io avrei preferito una chiusura totale per tre settimane a novembre e poi sperare di aprire per le feste di Natale ma io addirittura sarei stato ancora più drastico per chiudere tutto a fine settembre quando c’erano i primi segnali di una nuova ondata. Temo che per aiutare l’economia ci facciano riaprire per le feste di fine anno e poi a gennaio ci richiudono di nuovo. A meno che non arrivi un vaccino…”.

“È una situazione copia-incolla con quella della scorsa primavera – dice Maurizio Merico del Bar Melody – ma con più paura sia per i nostri clienti che per noi stessi. Mi sento come anestetizzato, come un pugile che ne ha prese troppe e ha buttato la spugna ma il tuo avversario non si ferma. E allora dico basta, non ho più la forza di reagire e qualsiasi decisione adesso l’accetto con rassegnazione, sono disposto anche ad una chiusura totale se può servire ad uscire da questo incubo”.

“Ai bei tempi aprivamo alle 5,30 e adesso l’orario di apertura è alle 7. Appoggio in pieno chi si è inventato anche l’aperitivo da asporto per mantenere le abitudini delle persone. Ad esempio io non credevo che il caffè fosse così importante ma abbiamo addirittura consegnato dei caffè con il servizio delivery a quattro chilometri di distanza. Non ho ancora verificato se è già arrivato il bonifico del ‘bonus-ristori’, so che a qualche collega lo ha avuto ieri (pari al 150% del primo bonus di primavera, ndr) e allora credo che lo avranno accreditato anche a noi”.