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A smorzare in parte le polemiche sull’opportunità se fare o non fare il Festival ci ha pensato il ministro Franceschini con il suo annuncio della riapertura di teatri e cinema alla fine di marzo. Un annuncio che ha restituito un barlume di speranza ai lavoratori dello spettacolo che restano tra i più colpiti dalla pandemia e dalle conseguenti restrizioni e chiusure.

C’è però un comparto che resta confinato in fondo al tunnel e che non riesce a vedere, neppure in prospettiva, un barlume di speranza, quello delle discoteche.

Ne abbiamo parlato con Sergio Cerruti, attuale presidente dell’Afi – Associazione fonografici italiani, intervenuto domenica pomeriggio all’inaugurazione di Casa Sanremo.

Nasco e morirò da deejay – dice Cerruti – io ho iniziato nel mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento con questa mia grande passione. Porto sempre le cuffie con me, ce l’ho in albergo, non me ne separo mai”.

“Mi chiede se le discoteche sono destinate a scomparire io rispondo di no. Devono sicuramente trovare un’identità migliore ed adeguata ai tempi, e imparare a proporsi meglio come comparto economico. Con Maurizio Pasca presidente del Silb (Sindacato italiano locali da ballo) ho condiviso una serie di idee per capire come meglio rappresentarsi”.

“L’anno scorso – racconta Cerruti – ho detto che le discoteche dovevano restare chiuse anche se provengo da quel mondo, perché quando un’attività resta chiusa si riesce meglio a quantificare il danno economico subito. Se invece apri e chiudi come accaduto, diventa tutto più difficile”.

“No, non scompariranno e voglio ricordare che ci sono un migliaio di discoteche con licenza annuale ma ce ne sono 2800 durante l’estate, quando arriva la bella stagione tutto il Paese suona ancora più del solito. Siamo un popolo di naviganti e di artisti, compreso il settore delle discoteche e ci conoscono nel mondo per queste peculiarità”.