Luciano Zarbano

Riceviamo e pubblichiamo di seguito la nota stampa del gruppo consiliare “Imperia senza Padroni“.

“Prendiamo spunto da un ultimo episodio verificatosi nella rotonda nei pressi del ponte Impero. Anche in questo caso un autoarticolato, nonostante il divieto di svolta, è rimasto ‘incastrato’ durante la manovra, con la conseguenza che una parte della città (se non tutta) è rimasta bloccata. La domanda sulla quale dobbiamo riflettere è: le opere che vengono realizzate, devono avere il solo requisito della bellezza oppure devono anche soddisfare le esigenze dei cittadini con una funzionalità a 360°?

È chiaro che se l’obiettivo principale è quello di rendere migliore la circolazione stradale, l’opera deve essere funzionale per qualsiasi tipo di veicolo, a maggior ragione se in zona vi sono delle attività commerciali che per la loro sussistenza necessitano dell’ausilio di mezzi anche ingombranti. Pertanto quando si vieta la svolta ad un mezzo è anche un ammissione che ciò che è stato fatto non va bene per tutti. Anche la viabilità merita un’attenzione.

È vero che la città con traffico sembra una città viva, una città operosa, ma ciò reca anche disagio a quei cittadini che per necessità hanno bisogno di raggiungere, nel più breve tempo possibile, la meta dei loro interessi. La qualità della vita urbana deve essere il fondamento di qualsiasi decisione, infatti le città devono essere progettate per i cittadini, non devono avere come unico fine l’aspetto esteriore, perché le città influenzano lo stile di vita dei cittadini con ripercussioni anche sul loro stato emotivo. In questo caso le opere devono tenere in debita considerazione la funzionalità che necessariamente si deve coniugare con l’aspetto esteriore, perché la vita dei cittadini è fatta anche di esigenze concrete.

Questa non è una critica sterile ma un invito, a chi poi dovrà prendere le decisioni, di valutare tutti gli aspetti e l’impatto che quelle decisioni avranno sulla vita dei cittadini. Un pensiero, tratto dal libro di Italo Calvino ‘Le città invisibili’, ci deve fare riflettere: ‘L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio’.

Vogliamo concludere citando ancora Calvino come suggerimento a chi di competenza: ‘D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda’”.