Cari amici eterosessuali, vi propongo un gioco

In un recente articolo su questo blog vi ho già raccontato del giorno in cui confessai ai miei genitori di essere omosessuale. Fu indubbiamente una grande liberazione, ma nella vita di un omosessuale che decide di vivere apertamente il proprio orientamento sessuale i coming out non finiscono mai.

Al lavoro, in palestra, con i nuovi vicini di casa, con i cugini dell’Australia.

Ogni volta che incontriamo nuove persone queste molto probabilmente daranno per scontato che noi siamo eterosessuali.

Statisticamente non possiamo dargli torto, spetta pertanto a noi fargli capire che sbagliano.

Se siete tra quelle persone che in questo momento si stanno chiedendo “ma perché devi dirlo a tutti? Ma chi se ne frega se sei gay o no?” sappiate che non siete i soli.

Ormai più di quindici anni fa accadde che dissi, con le gambe tremanti (perché le gambe tremano sempre, anche se lo dici per la centocinquantasettesima volta) “caro amico, era tanto che volevo dirti una cosa importante: sono omosessuale”. Al posto dei soliti “ma dai non ci credo!” oppure “me lo potevi dire prima!” o ancora “lo sapevo già, me lo ha detto Tizio” ricevetti una risposta anomala: “perché me lo dici? Io ti ho mai confessato di essere eterosessuale?”. Non seppi cosa rispondere, ero impreparato e mi sembrava che in fondo avesse ragione. Un po’ impacciato gli dissi che siccome era un mio caro amico (e lo è tuttora) volevo condividere con lui una parte della mia vita che consideravo fondamentale.

Quella fu la prima volta, ma non l’unica. Anzi mi capito’ innumerevoli altre volte.

Veniamo dunque a noi, care amiche e cari amici eterosessuali: se ancora non capite quanto sia importante per una persona omosessuale urlare ai quattro venti “sono gay!” o ancora pensate che sotto le lenzuola due persone possano fare quello che vogliono, ma che la sessualità resta un fatto privato o, infine, se ritenete che i gay pride siano una pagliacciata, questo giochino è fatto apposta per voi: provate, per 48 ore, a vivere senza far nessun riferimento alla vostra eterosessualità.

Provateci e poi raccontatemi se ci siete riusciti (mi trovate su Facebook). Questo significa che non vi sarà concesso dire “chiamo mia moglie e ti faccio sapere” oppure “domenica vado con mio marito al ristorante”. Non solo, non vi sarà permesso dire “che bella quella ragazza” (eufemismo) oppure “mi sono innamorata di Caio” (che è sempre meglio di quello spifferone di Tizio). Allora, #Sfidaaccettata?

 

Marco Antei