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Ieri, martedì 19 luglio alle ore 21.00, nell’ambito della rassegna “Una sera d’estate con i Martedì Letterari” al Casinò di Sanremo, la scrittrice Veronica Pivetti ha presentato il suo noir comico: “Tequila bang bang“, edito da Mondadori.  

Tequila bang bang è un giallo messicano, che racconta tre donne. La protagonista, il suo ex marito, sua madre. L’ingenua, il bello e la perfida. La madre, algida e chicchissima donna d’affari, traffica coi narcos messicani, finché l’ignara figlia Jole, ex ballerina del Crazy Horse, mentre mamma è in Messico, trova un cadavere senza testa nel suo appartamento e l’ex marito, ora felicemente Corinna, l’aiuta a sbarazzarsene, ma così facendo finiscono tutt’e due nelle grinfie dei criminali, che le rapiscono e le portano a Mexico City, dal boss dei boss Xavier, detto “la Tumba”, amante segreto dell’anziana madre. Da quel momento piovono pallottole, coltellate, fucilate, esplodono esplosivi, crollano capannoni pieni di droga, e la droga sparisce e tutti muoiono come mosche. E in questo putiferio le nostre eroine riescono a scappare, sempre più lacere e sanguinanti nei loro abiti griffati e Louboutin tacco 13, per finire fra le fauci vendicative della più feroce banda criminale del pianeta. Il libro gronda sangue, massacri, cervelli spappolati, occhi infilzati col tacco 13, esplosioni, ammazzamenti, trappole mortali, cimici fritte da sgranocchiare come chips, sigari ripieni di droga, killer muti, centenari carogne, ottantenni sexyssime, traditori maldestri, in un crescendo splatter da far invidia a Tarantino. Eppure, tutto questo ha un effetto inaspettato: mette di buon umore.

“Ci sono in molti personaggi ed è stato inevitabile mettere me stessa in più di uno di loro – racconta Pivetti. – Ma è stato bellissimo: creare dal nulla è un processo meraviglioso, affine al lavoro di attrice. La differenza è che quando sei alle prese con la scrittura, per quanto racconti una storia fantasiosa o assurda, presento sempre il mio punto di vista senza filtri. O meglio l’unico filtro è la storia stessa. Amo la scrittura perché in assoluto per me è il mestiere più sincero e sfrenato che c’è. È questa è stata una scoperta anche per me”.

“Mi sono posta il problema: sarò in grado di scriverlo? Una prova pazzesca perché in un giallo i conti devono tornare. Tutto è nato dal mio cellulare, il Nokia 3310, che è quello usato dai narcotrafficanti, perché non è intercettabile, ci puoi solo telefonare. E questo genere di cellulare è diventato protagonista della storia, ambientata in Messico. Nella storia che racconto, ci sono tanti omicidi, muore tanta gente, è molto sanguinario, splatter… sono un’ammiratrice di Tarantino. Lo definirei un noir comico”.

Nel video servizio a inizio articolo l’intervista alla scrittrice, a cura di Federica Croce.