primo piano - caritas situazione migranti
play-rounded-outline
04:41

Con la chiusura del Campo Roja manca un appoggio per queste persone, anche dal punto di vista legale. Non hanno un luogo dove poter avere informazioni sui propri diritti e doveri, su come per esempio fare una richiesta di asilo.”

È questo una delle problematiche principali che la Caritas di Ventimiglia ha identificato a partire dalla chiusura del campo per migranti in transito a parco Roja, avvenuta definitivamente il 31 luglio scorso, e decisa dalla prefettura.

Serena Regazzoni, Caritas Ventimiglia-Sanremo, prosegue: “Consideriamo questa deciso un passo indietro a 3-4 anni fa, quando non c’era nulla, nessun luogo o servizio. Insieme alla Diaconia Valdese e a We World Onlus abbiamo attivato uno sportello legale. Non riusciamo però a rispondere a tutte le esigenze delle persone che arrivano.”

La Caritas di Ventimiglia offre un pasto al giorno oltre ad altri servizi essenziali. “Purtroppo non riusciamo e non abbiamo gli spazi per offrire accoglienza notturna. Sono quindi costretti a dormire per strada, lungo la ferrovia. Abbiamo anche registrato un numero piuttosto importante di passaggi di donne vittime di tratta e sfruttamento sessuale. Un fattore grave che, con la presenza del campo Roja gestito dalla Croce Rossa, veniva limitato e monitorato,” aggiunge Regazzoni.

Queste donne, ma anche tanti bambini molto piccoli, sono costretti a rimanere per strada. Siamo riusciti per un periodo a dare accoglienza alle famiglie grazie alla chiesa di San Nicola. Una soluzione che però non siamo più in grado di dare,” conclude nell’intervista visibile integralmente nel video-servizio a inizio articolo.

Al momento la Caritas fornisce assistenza a circa 40-50 migranti al giorno. Molti però non passano da loro rimanendo nella zona della frontiera per tentare di superare il confine e giungere in Francia, spesso mettendo a rischio la propria vita.

La maggior parte degli arrivi provengono dalla rotta balcanica: afgani, pachistani, iraniani e iracheni. Non mancano tuttavia sudanesi e persone provenienti dal Corno d’Africa.