oliva taggiasca

Massima disponibilità dell’Associazione per la Taggiasca del Ponente ligure a dialogare per arrivare a una Dop “Taggiasca ligure”.

“Le parole di apertura al dialogo dell’assessore all’agricoltura Stefano Mai fanno molto piacere – afferma Simone Rossi, presidente dell’associazione – dirò di più: condividiamo il percorso per arrivare a una Dop “Taggiasca ligure” che valorizzi il territorio e si differenzi dalla Taggiasca ormai prodotta in altre parti d’Italia e del mondo.

Temo che non possiamo più impedire che arrivino vasetti di Taggiasca a 1,89, come quelli visti dall’assessore. Possiamo però impedire, attraverso una Dop “Taggiasca ligure” che il consumatore confonda varietà con provenienza.” Già nel 2016 Phil Hogan, Commissario europeo all’agricoltura ha chiarito, rispondendo a un’interrogazione parlamentare sul pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino protetto da Dop, che una varietà “può essere coltivata al di fuori dell’aria geografica delimitata e non è appannaggio dei produttori italiani. D’altronde il regolamento sulle denominazioni di origine (Reg. Ue 1152/2012), nel Consideranda 17, è estremamente chiaro, designando e proteggendo il legame intrinseco fra le caratteristiche del prodotto e la sua origine geografica. La denominazione di origine protetta tutela non la varietà in sè, che può essere liberamente coltivata anche fuori dal territorio delimitato, ma la sua provenienza.”

“Siamo perfettamente consapevoli che l’olivicoltura ligure rischia molto e, per storia, tradizioni e cultura, merita di essere conosciuta e riconosciuta dal consumatore attraverso un bollino Dop – afferma Rossi – però ci chiediamo se il percorso intrapreso sia quello più adeguato a raggiungere l’obiettivo, visto che ormai è quindici anni che parliamo di Dop, ricevendo dalle autorità preposte, ultimo il Tar, solo bocciature. I tempi sono maturi per cambiare strada. Una Dop condivisa può essere ottenuta in 12-18 mesi, in tempo per la campagna olearia 2020/21.” L’Associazione per la Taggiasca del Ponente ligure ritiene che il cambio del nome della varietà indicato dall’assessore Mai, tra l’altro già bocciato dal Ministero delle politiche agricole, sia un percorso irto di difficoltà tecnico-giuridiche, con altre Nazioni o Regioni italiane che possono mettersi di traverso, oltre a essere osteggiato da una buona parte del territorio del Ponente.”

“È verissimo che “la vera Taggiasca siamo noi”, come affermato da una campagna promozionale della Regione di qualche tempo fa – conclude Rossi – è per questo che riteniamo non si debba perdere più tempo nel ricercare strade impervie, ma occorra percorrere la via più breve, e poi investire in campagne promozionali che ci consentano di differenziarci dal prodotto a basso costo. È questo che vogliamo illustrare al Presidente Toti al quale abbiamo già chiesto un incontro.”