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Quest’oggi lo scrittore imperiese ed esperto di storia locale Francesco Vatteone ci accompagna alla scoperta degli antichi oratori di Oneglia.

Il nostro ‘viaggio’ parte dall’attuale piazza Goito, nei pressi di vico Santa Elisabetta, dove un tempo sorgeva la sede dell’unica confraternita femminile di Oneglia: l’oratorio delle Umiliate di Santa Elisabetta d’Ungheria. Edificato alla fine del XVII secolo come cappella dell’ospedale della Mendicità, l’edificio era piccolo, ad aula unica, e vi si trovava un semplice altare di stucco. Di questo oratorio oggi ci resta solamente una raffinata tela ovale settecentesca.

Poco più avanti, nei pressi dell’attuale Basilica di San Giovanni, esisteva una chiesa più piccola con accanto l’oratorio di Santa Maria della Pietà. Di origine trecentesca, fu demolito nel 1739 con la costruzione della nuova Collegiata.

Proseguendo nella nostra passeggiata, arriviamo nei pressi di via Unione: qui, nel 1654, era stato costruito l’omonimo oratorio, sede dell’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione di Maria, detta appunto “dell’Unione”. L’edificio, dopo aver subito diverse trasformazioni nel corso dei secoli, fu completamente demolito alla metà degli anni Sessanta per far posto al palazzo che oggi ospita abitazioni, uffici e il Cinema Imperia.

Un altro oratorio di cui oggi si sono perse le tracce è quello di San Sebastiano, sede dell’omonima confraternita, andato distrutto durante il terremoto del 23 febbraio del 1887. Edificato nel secolo XVI di fronte all’allora Convento degli Agostiniani, l’oratorio era di modeste proporzioni e ad unica aula. Oggi, una targa posta sul muro di piazzetta dell’Olmo, ne ricorda l’ubicazione.

L’ultima chiesa del nostro percorso è la Cappella di San Giacinto, risalente al 1605. Non si tratta di un oratorio nel senso proprio del termine, anche se aveva ospitato la Compagnia delle Figlie di Maria, una confraternita femminile cui erano iscritte solo ragazze e donne nubili. Fu edificata nei primi decenni del XVII secolo ad opera della famiglia Tiragallo. Successivamente, nel 1868, passò di proprietà alla famiglia Amoretti, come indicato sulla lapide posta sulla facciata. Oggi presenta tutte le caratteristiche di cappella gentilizia: conserva l’altare con lo spazio per la pala e la mensa originale in ardesia.