Un momento del corteo indetto dal Comitato per l'Acqua bene comune, per manifestare contro il ritorno al nucleare e la cosiddetta privatizzazione dell'acqua, questo pomeriggio 26 marzo 2011 a Roma. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Rispetto alle ultime novità riguardanti la siccità, la rete idrica e lo spettro della costruzione di una diga in Valle Argentina, queste sono le riflessioni del CIMAP, ossia il Comitato Imperiese per l’Acqua Pubblica:

“Per contrastare il cambiamento climatico e preservare la risorsa acqua bene comune, l’unica vera grande opera necessaria è la manutenzione e la realizzazione di una nuova rete idrica. In un territorio e in un Paese dove si spreca più del 42% di acqua per le perdite degli acquedotti, a fronte di una media europea del 15%, non si può definire emergenza un fenomeno strutturale, per il quale cambiamento e surriscaldamento climatico, siccità ed alluvioni si intrecciano e si rinforzano fra loro.
La crisi idrica del 2022 e quella di quest’anno hanno messo in evidenza le responsabilità di un sistema di gestione caratterizzato dalla decennale mancanza di pianificazione e di investimenti infrastrutturali, soprattutto tra l’imperiese e l’andorese, dove i gestori cessati
(vedi Amat) erano più impegnati in questi ultimi anni nei tribunali che a curare la progettualità e la salute degli impianti.
Tutto ciò mentre il decreto siccità del governo va in tutt’altra direzione e promuove la realizzazione di dighe e sbarramenti, come quelli in Valle Argentina. Soluzioni fuori dal tempo, fortemente impattanti dal punto di vista ambientale, non in grado di dare risposte al
problema della siccità per il mutamento del regime delle precipitazioni e l’incremento delle perdite per evaporazione, infine, escludendo da queste decisioni fondamentali le comunità territoriali. Anche gli invasi più piccoli presentano molte controindicazioni se si pensa alle formazioni di sedimenti e di fioriture algali che compromettono il successivo utilizzo delle acque. Ciò anche in funzione dell’idroelettrico, un settore energetico che ha già iniziato a risentire degli effetti ecoclimatici e della diminuzione della piovosità.
Le scelte di fondo per contrastare la siccità non possono prescindere da un cambio di passo radicale per favorire la conversione ecologica dell’agricoltura e della produzione, promuovendo il risparmio e l’utilizzo efficiente dell’acqua; diventa essenziale ricorrere al recupero delle acque reflue depurate e di quelle piovane, in primo luogo in ambito irriguo ed affrontare il dissesto idrogeologico, salvaguardare le fonti, rinaturalizzare torrenti, arrestare il consumo di suolo e la cementificazione degli alvei.
Mentre si apprende che solo per l’estate 2024 verranno avviate le opere di consolidamento della falda idrica del Roja, Rivieracqua investe come partner nel progetto di fattibilità della diga in Valle Argentina, dove forse fiuta profitti. Il presidente Scajola, nonché commissario ad acta, tra il Pnrr e la messa a gara della gestione pubblica, è intento nel traghettare l’acqua nelle mani del privato. Peccato che Rivieracqua abbia dimostrato di poter assolvere al proprio compito come società interamente pubblica, avendo chiuso il bilancio 2021 con un utile ragguardevole.
Il popolo dell’acqua bene comune, le associazioni, vogliono essere coinvolti, saperne di più e si uniscono ai cittadini di Badalucco che si oppongono ai progetti inquietanti che devastano un habitat naturale e mettono in pericolo la vita di un territorio, già a rischio sismico ed idrogeologico.
Non a caso privatizzazione del servizio idrico e politiche inconcludenti sul fenomeno della siccità, che favoriscono interessi economici e grandi opere, vanno di pari passo.
Continueremo nell’affermare che l’acqua, il territorio e i beni comuni non sono in vendita, a nessun prezzo.”