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La circonvenzione di incapace è un reato particolarmente insidioso che richiede l’esatta rilevazione sia delle condotte illecite che ne costituiscono l’elemento oggettivo, sia del profilo soggettivo di chi agisce con la volontà di procurarsi un profitto, nella consapevolezza di arrecare danno ad una persona in condizioni di inferiorità psichica.

La direzione delle indagini assunta dalla Procura di Imperia ha puntato a fare emergere tali elementi, indicando le soluzioni operative – anche tecniche – ritenute più remunerative per esplorare il delicato contesto.

Attraverso un costante contatto con gli operanti, l’A.G. ha condiviso con i Carabinieri di Sanremo la strategia operativa, delegando le attività da svolgere. Le conseguenti progressioni dell’attività ed i riscontri così ottenuti hanno permesso di documentare come tre persone avessero posto in essere ingegnosi raggiri per ottenere un indebito profitto ai danni di una persona indebolita.

Nella mattinata di oggi, i Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Sanremo, coadiuvati dai militari della Stazione di Arma di Taggia e Santo Stefano al Mare, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di ordinanza di custodia cautelare a carico di tre persone appartenenti allo stesso nucleo familiare, ritenute responsabili – in concorso – di circonvenzione di incapace.

L’attività trae origine da una segnalazione che – opportunamente approfondita dai militari – ha permesso di ricavare un quadro gravemente indiziante a carico dei destinatari dei provvedimenti i quali, da circa cinque anni, avevano indotto la vittima a versare periodicamente somme di denaro – tra i 500 e i 2.000 Euro – convincendola di poter ottenere un risarcimento milionario per una compravendita di generi alimentari non perfezionata. In particolare, gli autori del reato avevano convinto il malcapitato di aver:

– acquistato una partita di merce per un importo di alcune decine di migliaia di Euro (fatto in realtà mai avvenuto);

– intentato una causa risarcitoria presso un Tribunale francese attraverso un avvocato associato a uno studio legale situato in Bulgaria (la prima inesistente, il secondo reale ma estraneo alla vicenda in quanto senza alcun rapporto con la persona offesa);

– ottenuto un risarcimento superiore a 500.000 Euro, che sarebbe stato versato una volta pagate le spese di istruttoria e previo “sblocco” di un altrettanto fantomatico “server”.

L’attività di raggiro è stata corroborata da documenti in lingua straniera contraffatti, insistenti pressioni sulla vittima e telefonate da un soggetto arrestato che nel tempo aveva assunto il ruolo fittizio di “avvocato”.

Falsi ma ben orchestrati dalla donna oggi in carcere, la quale – grazie alle non comuni doti di attrice – impersonificava sia il ruolo di una vittima dello stesso rivenditore di merce mai consegnata e accomunata nel diritto al risarcimento, nonché quello di legale, facendo credere di aver fatto ottenere un risarcimento milionario esigibile attraverso le continue richieste di denaro per “aprire il server”. Gli altri due complici (marito e figlio) sono stati posti agli arresti domiciliari. Nella convinzione che ogni dazione sarebbe stata quella definitiva per ottenere il risarcimento a “sei zeri”, negli anni la vittima – in uno stato di totale soggezione e prostrazione psicologica – ha “volontariamente” dilapidato il patrimonio familiare, giungendo anche alla vendita di beni immobili.