video
play-rounded-outline
16:22

Perché in questi ultimi mesi in tutta la Liguria di Ponente sino al confine con la Francia aumentano a raffica episodi intollerabili di violenza, teppismo, illegalità gratuita dentro e fuori le case, per strada, nelle piazze, nei parchi, al bar, nei centri di ristoro, a scuola, nei posti di lavoro, nei locali, ovunque?

Perché, proprio in questo lungo periodo di pandemia, sofferenza, tristezza, paura del domani, che sta sconvolgendo il mondo invece della tanto abusata, declamata resilienza ai vertici dello Stato e dei partiti cresce e si sviluppa  la “illegalità di strada”?

Perché anche ai più fragili bimbi dell’asilo, delle elementari, adolescenti delle medie, ragazzi delle superiori sino agli adulti basta una frase, un complimento esagerato, un furto di poco conto e scarso rilievo penale per trasformarsi in giustizieri, o peggio in “branco”? Addirittura picchiare, durante una partitella di pallone in un campetto di periferia, il compagno di scuola più piccolo, più debole, con la pelle scura, deriso, umiliato perché obeso, mandarlo all’ospedale? 

A Cervo è successo che il “branco”, 10 giovinastri, il capo un albanese di 20 anni, incappucciati, armati di spranghe, hanno teso un agguato in un parcheggio ad un giovane di Diano mandandolo all’ospedale per “lesioni gravi con rischio di danni permanenti”.  Il ferito sarebbe stato picchiato per aver “osato” apprezzamenti in un bar alla ragazza di uno del “branco”. A Ventimiglia tre energumeni hanno inseguito, caricato di botte e mandato all’ospedale un extracomunitario perché in un supermercato avrebbe tentato di rubare ad uno di loro il telefonino. Sulle colline di Sanremo invece un ragazzino di 8 anni, durante una partitella di calcio, è stato vittima di bullismo. Compagni di 12, 14 anni lo hanno pestato. Ricoverato all’ospedale gli sono stati riscontrati forti dolori all’addome ed agli arti. Rintracciati i responsabili la polizia sta svolgendo indagini in forma protetta. Ad Imperia addirittura è intervenuto il questore in persona a sedare una rissa scoppiata in centro tra un ragazzo ed una ragazza su uno scooter e un signore che viaggiava su un’auto accanto ad una donna al volante. Forse per una sbandata o per un’errata manovra i due mezzi stavano per urtarsi violentemente quando il giovane ha dato un calcio alla fiancata dell’auto rompendo uno specchietto. Il ragazzo ed il passeggero dell’auto si sono affrontati minacciosamente ed è scoppiata una colluttazione. Poteva finire malissimo se non fosse intervenuto a dividerli il questore, che si trovava nella zona, provvedendo a separarli d’imperio e fare intervenire subito una pattuglia. Gli esempi sono tanti. Cosa sta succedendo? E’ tutta colpa del virus? Cosa bisogna fare per battere il Covid? Perché gli scienziati sono divisi? E’ meglio vaccinarsi o no? Perché dopo gli anziani adesso sono a rischio le fasce giovanili?

In questa puntata di 4.0 lo abbiamo chiesto al dottore Roberto Ravera, primario di Psicologia all’Asl1, profondo conoscitore dei problemi dell’infanzia, fondatore in Sierra Leone di un ospedale per bambini.

“Una cosa è certa – ha risposto il dottor Ravera – in questa incredibile e spietata pandemia i giovani hanno pagato e stanno pagando un prezzo enorme. All’improvviso si sono visti togliere tutto, amici, scuola, svaghi, possibilità di riunirsi, costretti a vivere in casa, sempre più isolati, soli all’interno di spazi familiari sempre più ristretti, tempi ripetitivi.  Da iper protetti, iper controllati i bambini, i ragazzi, i giovani, si sono trovati di colpo iper isolati, catapultati in un mondo sconosciuto, tornati indietro ai tempi dei nonni, quando le responsabilità, le scelte erano individuali. La società, la famiglia intera sono state colpite nel loro insieme. Depressione, mancanza di condivisione, claustrofobia generano mostri, ombre, ossessioni, paure di perdere il lavoro, ansia di cosa accadrà domani. Penso che tutti, chi più chi meno, abbiano perso quelle sicurezze crescenti nel mondo di garanzia, protezione sociale, economica, sanitaria. Onestamente è difficile che esperti al momento possano dire quanto questa ferita pandemica cesserà di far sanguinare la nostra società. Certamente tecnologia, interconnessione avranno sempre più ruoli importanti, rivoluzionari. In Giappone, ma anche in Africa, un numero sempre maggiore di persone sono iper connesse, tutti con lo sguardo fisso sul telefonino, non si dialoga più insieme in metropolitana, nei ristoranti, per strada, nei parchi, ovunque”.

Un consiglio per affrontare meglio l’estate che sta per arrivare? “Due parole: calma e maturità. C’è stanchezza ed esasperazione, bisogna avere maturità nei confronti degli altri, pazienza con il proprio vicino, con il proprio famigliare più debole”. Non è un caso che il motto di Roberto Ravera da sempre sia “Solo la solidarietà può salvarci”.