Restaurare il mare, riportare alcune zone – degradate a causa di azioni antropiche – alle loro condizioni originarie, oggi è possibile. Ce lo racconta la biologa marina Monica Previati che ha partecipato ad un progetto di riforestazione marina, ovvero di trapianto di una prateria di Posidonia oceanica, organizzato dalla onlus Worldrise (worldrise.org/riforestazione-marina), con il coordinamento scientifico del dott. Stefano Acunto, biologo marino e fondatore dello studio associato Ma.R.E.A. (Marine & River Ecological Assessment).

“Le praterie di P. oceanica”, racconta la biologa Previati, “ricoprivano, un tempo, i fondali della costa ligure in maniera continua ma, a partire dalla metà del XVII secolo, le crescenti pressioni antropiche (e.g., eutrofizzazione, sfruttamento delle aree costiere, ancoraggi, dragaggi) hanno causato una perdita di oltre il 50% della loro superficie originaria. Gli interventi di ripristino e riforestazione delle praterie di Posidonia sono quindi diventati sempre più indispensabili per facilitare e velocizzare la ripresa naturale dei numerosi servizi ecosistemici svolti non solo dalle fanerogame ma in generale da tutta la flora marina. Negli ultimi anni, inoltre, il trapianto di porzioni degradate di praterie di P. oceanica è considerato sempre più frequentemente come una vera e propria forma di compensazione all’interno dei Decreti di Valutazione di Impatto Ambientale. Aver partecipato, per il secondo anno consecutivo, al progetto di riforestazione marina organizzato da Worldrise e coordinato dal dott. Stefano Acunto è stato per me un enorme privilegio. Nel mese di maggio del 2022 infatti, abbiamo messo a dimora 2.500 piante di Posidonia, per ripristinare i primi 100m2 di prateria a Golfo Aranci e quest’anno abbiamo implementato il trapianto con altri 200m2. Inoltre il progetto prevede un attento monitoraggio per 3 anni per analizzare il successo dell’operazione in termini di attecchimento e sopravvivenza e il contributo della Posidonia in termini di assorbimento e sequestro della CO2 e di supporto alla biodiversità”.

La metodologia utilizzata, ideata interamente dal dott. Acunto e convalidata da tantissime università italiane e straniere, prevede l’uso di materiali sostenibili, come bio-stuoie in fibra di cocco e la raccolta di talee eradicate dalle mareggiate, senza intaccare la prateria esistente.

“Sì”, conclude la biologa. “La metodologia è estremamente sostenibile e permette di utilizzare le talee della posidonia già staccate che vengono così ripiantate all’interno del tappeto di cocco. A breve partiremo per un’attività di riforestazione all’isola dell’Elba, a Portovenere e chissà che non si riesca a trovare anche un’occasione per sperimentare i trapianti lungo le coste imperiesi. Sarebbe davvero una grande opportunità non solo per recuperare ambienti degradati ma anche come volano educativo e perché no turistico, come dimostrato ampiamente dalle altre iniziative”.