Desideriamo esprimere sinteticamente il nostro pensiero sull’attuale crisi del PD, alla vigilia delle Primarie del 26 febbraio, nei gazebo di tutta Italia, aperti anche a chi non è iscritto, dove si sceglierà il prossimo segretario del Partito Democratico. 

Tra dimissioni in blocco di consiglieri PD del Comune di Sanremo, i recenti litigi e dissidi tra i “dem” di Imperia e le varie dinamiche nazionali per le primarie, ci inducono a pensare che il PD non ha affatto risolto i nodi della democrazia interna mantenendo un sistema strutturale basato su leadership verticali dove iscritti ed elettori si raccolgono attorno a una mozione incarnata da un leader che predispone tutto. Ed è un peccato per la nostra democrazia che l’unico partito in Italia che non dovrebbe avere il carattere leaderistico, tende eccessivamente a esaltare la figura di un leader, di un capo. Da fuori notiamo che le liste sono sempre rigorosamente bloccate in una sorta di sacralizzazione della “segreteria” attraverso un meccanismo oligarchico della cooptazione dall’alto. Ognuno deve costruire dall’alto (da solo o più spesso con i capitribù per non dire capibastone che lo sostengono) la propria cerchia di fedeli, una sorta di camarilla. Solo affiliandosi a un “capo” o a un gruppo elitario si può entrare nell’organizzazione del Partito Democratico. Ciò vale per gli organismi locali, circoli cittadini come per l’assemblea nazionale nonché per la Direzione nazionale.
Dentro questo modello si realizza una classe dirigente costituita da un gruppo ristretto di “professionisti”, tendenzialmente stabile, che usa la base (iscritti o elettori poco importa) come strumento di legittimazione e di mobilitazione per misurare le proprie forze e garantire la propria sopravvivenza e quella della cerchia più vicina anche attraverso un “sapiente” uso di scissioni dal partito e, magari, rientri nel partito. Il resto dei responsabili o cosiddetti “rappresentanti” del PD nelle istituzioni sopravvive una o due mandati e poi viene tritato dalla macina di partito. Si tratta quindi di una democrazia di competizione tra élite, la cui selezione è però del tutto legata all’abilità di sopravvivere all’interno di questo meccanismo piuttosto che alla loro effettiva capacità di rappresentare settori della società civile. 

Chi si augura che il PD mantenga il nome di “partito democratico” dovrebbe anche augurarsi e adoperarsi perché si apra, con determinazione, una riflessione sull’idea di democrazia che il PD intende fare davvero propria e praticare.

Noi Sardine sosteniamo Elly Schlein, perché speriamo che porti davvero un considerevole e onesto cambiamento: “Le persone che rinunciano al voto sono le fasce più povere. O cambiamo tutto o è finita” (E. Schlein).

Bonaccini ha già vinto ovviamente nei circoli PD, ma crediamo che non costruiranno mai un vero campo progressista e di sinistra. Questo paese ha bisogno di una Sinistra vera visto che c’è una Destra altrettanto vera.