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È stata presentata solo pochi giorni fa la 34esima edizione della guida ‘Osterie d’Italia’ realizzata dal movimento Slow Food. Oltre duecento fidati collaboratori di comprovato buon gusto… culinario, componenti delle diverse Condotte create su tutto il territorio nazionale, per un anno hanno esaminato quasi duemila ristoranti, la cui proposta incarna i principi fondamentali di Slow Food.

Nella nuova pubblicazione sono presenti 1.572 locali, solo trecento dei quali hanno ottenuto la famosa ‘chiocciola‘ simbolo di eccellenza che premia il miglior rapporto qualità/prezzo nella ristorazione non stellata. La qualità è data dall’utilizzo di prodotti locali, eccellenze a chilometri zero, preparati rispettando le caratteristiche delle materie prime e in grado di soddisfare i palati anche meno raffinati. Il prezzo, fatta salva qualche rara e giustificata eccezione, da quest’anno non deve superare i 40 euro a coperto, bevande sempre escluse.

Partendo da questi concetti, è facile immaginare che le osterie di Slow Food siano molto più frequentate dei ristoranti segnalati su altre prestigiose guide, ed è proprio questo il motivo che spiega il conseguente grande successo della guida di Slow Food.

“Ricordo che quando è stata presentata la prima guida delle Osterie d’Italia eravamo in pieno periodo ‘fast-food’ e noi eravamo molto preoccupati della loro sopravvivenza”, racconta il sanremese Sergio Tron, componente del direttivo regionale di Slow Food dopo aver ricoperto per una decina d’anni il ruolo di consigliere nazionale. A lui, con un amico, si deve la creazione della Condotta di Sanremo nel 1992.

“Per essere menzionati nella nostra Guida – spiega – il primo passo è entrare a farne parte con certi requisiti base: cibo tipico e materie prime del luogo. Poi vengono attribuiti riconoscimenti, il più importante dei quali è la ‘chiocciola‘ che viene assegnata a quei locali che sono più allineati alla nostra filosofia, ma premiamo anche le proposte enologiche più interessanti con il simbolo della bottiglia‘. Inoltre, condizione indispensabile è la fascia di prezzo che all’inizio era di 35 euro e da quest’anno è salita a 40, per un pasto con due portate e il dessert, bevande escluse. Su questo ci possono essere anche delle eccezioni dovute ai diversi costi sostenuti facendo ristorazione in aperta campagna utilizzando i prodotti dell’orto rispetto a chi opera sul mare e propone pesce con spese di gestione ben superiori”.

In provincia di Imperia ci sono dodici osterie presenti nella guida e due eccellenze premiate con le ‘chiocciole’ che sono Cian de Bià a Badalucco e A Viassa a Dolceacqua, presenze quasi storiche nella nostra guida. Noi ci siamo imposti che quando un locale cambia gestione viene automaticamente escluso ma resta una priorità tra quelli da verificare per capire se ha cambiato registro o può continuare a far parte della nostra guida”.

A decidere chi far entrare o uscire dalla guida siamo tutti noi di Slow Food – chiarisce Sergio Tron – cioè persone normali e non prezzolati critici gastronomici. Lo facciamo per passione ma dopo un po’ di tempo i gestori ci riconoscono e per evitare che ci trattino meglio degli altri clienti facciamo il cambio con le province confinanti. Ascoltiamo attentamente anche quello che ci dicono persone fidate che sono andate a mangiare in questo o quel ristorante”.

“Nella nostra zona la ristorazione in generale è migliorata – dice – ci sono ragazzi giovani con idee innovative, gli ‘stellati’ resistono bene e ogni tanto arriva una piacevole scoperta. Qualche problema invece lo rileviamo nelle città più grandi e turistiche dove i nostri parametri faticano a trovare la giusta armonia”.