monesi

Lettera aperta di Rinaldo Sartore, ex presidente dell’associazione ‘Monesi Borgo Antico‘, che è intervenuto sul rilancio del comprensorio montano rivolgendosi al presidente della Provincia Claudio Scajola. Di seguito la nota.

Mi rivolgo a lei, presidente Scajola, in quanto confido nel suo noto e apprezzato pragmatismo e nella sua conoscenza delle vicende monesine dagli anni ‘50 ad oggi.

Credo che tra i punti di debolezza di Monesi, vi sia la frequente scarsità di neve al di sotto dei 1.500 m, ex “prima” della vecchia seggiovia. Per ovviare, basterebbero alcuni cannoni per la neve programmata e le stagioni potrebbero essere allungate di molto. Non sono io a dirlo; sono tutte le altre stazioni sciistiche ad aver adottato, con successo, i cannoni. Un cannone costa circa la metà dell’importo che annualmente Triora incassa, dalle imposte IMU sulle seconde case di Monesi di Triora.

Prato Nevoso, piaccia o non piaccia, ha una storia molto simile a Monesi, piccola frazione di contadini-pastori, investimento privato iniziale inferiore a quello fatto dai Galleani, a Monesi, dieci anni dopo. Oggi il confronto Monesi-Prato Nevoso ci dice come è stata gestita Monesi. Basta dire che le tasse sulle seconde case di Monesi di Triora, tutte, vanno al Comune di Triora, Comune che non credo abbia mai contribuito, con un centesimo, alla promozione turistica o altri servizi.

Monesi, è bene ricordarlo, negli anni ‘50-60 vantava una seggiovia con musica lungo tutto il tragitto, uno skilift “baby” illuminato per lo sci notturno, primo in Europa, piscina riscaldata, pattinaggio su ghiaccio anche d’estate, pronto soccorso con apparecchiatura per radiografie, tavola calda da circa 500 posti, night club, albergo-ristorante di prim’ordine, e una decina di servizi igienici. Dopo la scomparsa del deus ex machina Armando Lanteri, i soliti noti, parlando di rilancio, hanno contribuito a ridurre Monesi come è oggi, o meglio com’era prima della terribile frana.

Il mio modestissimo ma convinto parere è che qualcuno dovrebbe avvisare la “cabina di regia” che gli atteggiamenti che hanno causato il dissolvimento della “Piccola Svizzera”, quei metodi e quegli stessi errori non potranno mai far risorgere Monesi. Forse in luogo dell’utilizzo di inutili anglicismi, il riferimento alla neonata “task force” è puramente voluto, sarebbe il caso di interrompere l’avvitamento verso il basso che le stesse persone compiono tra un annuncio trionfale e l’altro. Le risorse fiscali generate dalle seconde case delle due Monesi dovrebbero confluire in un’unica cassa ed essere investite nelle rispettive frazioni; frazioni che dovrebbero dipendere da un solo Comune. Comune che per ragioni logistiche, oltreché logiche, dovrebbe essere quello di Mendatica.

A mio modesto avviso quella delle due Monesi è una situazione anacronistica e sconcertante che sistematicamente viene ignorata, ridipinta e mascherata dai molti cortigiani, con gli stessi annunci modificati e con pezzi di cronaca romanzata e spesso in stile giullare. Ignorando la storia e le promesse di rilancio.

Il Comune di Triora, lontano capoluogo di Monesi di Triora, che di fatto è una sorta di feudatario della sua frazione; incassa oltre 50mila euro all’anno di IMU sulle seconde case della sua Monesi.

È l’unica frazione triorese non situata nella valle Argentina ma in val Tanaro e per questo è più facilmente raggiungibile dal Comune di Mendatica dal quale dista 11,5 km (4,82 km in linea d’aria) con un tempo di percorrenza di circa 19 minuti. La distanza che separa la frazione di Monesi di Triora dal capoluogo è di 104 km (in linea retta è di 9,17 km), via Imperia su strada statale, sempre transitabile in sicurezza, con tempo di percorrenza di minimo 2 ore e 15 minuti. Con i mezzi pubblici (peraltro ormai assenti) da Mendatica, coincidenza a Imperia e a Taggia, circa 3 ore e 45 minuti.

Il percorso più breve è via Colle di San Bartolomeo pari a 65,54 km (tempo di percorrenza 2 ore minimo), ma il tratto di strada SP 17 e 26 Colle San Bartolomeo-Triora è stretto, tortuoso, spesso è chiuso al transito nei mesi invernali; su questo itinerario non sono disponibili mezzi pubblici.

I motivi, legati alla pastorizia di due secoli fa, che allora giustificarono la collocazione della parte alta della frazione di Monesi sotto il Municipio di Triora, oggi sono palesemente inesistenti e dannosi. Da oltre sessant’anni nessun pastore di Triora pascola un solo quadrupede sulle pendici del monte Saccarello, nella frazione di Monesi.

Monesi ha bisogno di essere unita e non divisa. Che senso ha una frazione i cui abitanti, quasi tutti proprietari di seconde case, pagano diverse decine di migliaia di euro di Imu ad un Comune lontano e assente? Quale utilità può avere un Comune che in una delle sue frazioni, dove il turismo ha sostituito la pastorizia da oltre settant’anni, non organizza alcunché, né contribuisce ai costi per realizzare un minimo di indispensabili manifestazioni turistiche?

Monesi è un anacronistico feudo di Triora; feudo che versa, è bene ricordarlo, oltre 50.000€ al Feudatario del Sacro Romano Impero. Solo che i feudatari, come i pastori e i contadini, ben sapevano che non è possibile mungere le mucche senza nutrirle; invece chi ha gestito Monesi, feudo di Triora, dagli anni ‘90 in poi, ha munto tutto il possibile nutrendo però altre mandrie a sud del monte Saccarello.

Temo che trovare, oggi, un gestore-missionario nelle attuali condizioni sia una chimera. Non credo di essere il solo a pensare che le basi per il rilancio di Monesi di Triora debbano passare per l’acquisizione dei terreni da parte di un ente pubblico (Regione?) e/o da un consorzio dei Comuni limitrofi per mezzo di un contratto d’affitto, equo e a lungo termine, almeno trent’anni, oppure l’acquisto dei terreni stessi da parte degli enti suddetti.

Triora, negli ultimi dieci anni, ha incassato circa mezzo milione di euro dal suo feudo di Monesi, dove da circa quarant’anni non esiste un solo sevizio igienico pubblico; dove i maestri di sci si sono dovuti autotassare per pagare l’affitto della loro sede!

Sig. presidente Scajola, la mia sommessa convinzione è che lei sia l’ultima speranza e confido nel successo del suo prossimo operato”.