Sabato 16 novembre 2019 si è svolta la cerimonia di premiazione della V° Edizione del Premio Letterario Internazionale “Castel Govone”, presso l’Auditorium dei Chiostri di Santa Caterina a Finalborgo. L’evento, ideato e organizzato dal Comitato per la Cultura “La Superba” in collaborazione con il Comune di Finale Ligure, ha visto la giovane artista imperiese Giulia Quaranta Provenzano pluripremiata. La trentenne ligure ha infatti conseguito il 1° premio con la silloge poetica edita “Poesie”, il 1° premio con le fotografie d’arte su pregiata tela “Liguria in Fantasia di Cielo e Mare”, “Ricci e colori del mare a Diano Marina” e “Universi paralleli”, il 2° premio con la silloge poetica inedita “I labirinti del cuore” e il 3° premio con il romanzo edito “La storia di Viola”. A conferirle gli importanti riconoscimenti la Presidentessa Ornella Donna, la sign.ra Ornella Secchi e il dr. Massimo Peloso.

La giovane scrittrice dichiara: “Essere ascoltati, sapere le proprie opere prese in considerazione dalla gente è probabilmente quanto di più arduo un pittore, un fotografo, uno scrittore, un poeta, un musicista, uno scultore possa sperare per non veder morte bambine le proprie creazioni o anziane dimenticate in un angolo polveroso del tempo inadatto, sbagliato. Ecco quindi che partecipare a mostre ed eventi diviene doveroso pur io trovando deplorevole il fatto che troppo spesso siano gli artisti a dover autofinanziare esposizioni e manifestazioni dalle quali dovrebbe derivare bellezza per tutti senza condizioni, esclusioni e riserve”. Giulia poi continua e chiarifica: “Oggi, come non so ieri, il denaro sembra sia l’unico motore del mondo. Senza pecunia non si ha accesso a molte possibilità, possibilità di creare e dunque esistere innanzitutto. Ciò è terribile, ancor più di fronte ai giovani, nei confronti dei giovani in quanto (a meno di provenire da ceti abbienti) con gli stipendi attuali per questi è utopico riuscire ad investire con assiduità e sovente altresì senza alcun rientro. Ovviamente comprendo come talvolta sia il contesto nazionale epocale in cui si è stati catapultati ad esigere la richiesta di quote ai singoli benché a mio modesto avviso anche l’Arte dovrebbe avere “sponsor” istituzionali perché le menti – e le mani – sono la fondamentale ricchezza degli Stati. Uno Stato che mortifica il talento in nome del denaro quale “lasciapassare” per il buono che ne può derivare per il popolo tutto è un evidente indicatore dello stato di salute di questo terzo millennio!”.

La Quaranta Provenzano infine afferma: “L’Arte è per me una necessità, non posso farne a meno. Tale il motivo per cui non ho ancora “disertato”. Ho tentato spesso – specie in quest’ultimo anno – di costringermi a non scrivere, a non fotografare eppure alla fine mi pare sempre l’una cosa che io davvero riesca a fare; non trovo mai la forza di stare lontana da un foglio, una tastiera, un obiettivo… L’Arte è per me molto più di una valvola di sfogo, è il ponte grazie al quale non mi serve null’altro per sentirmi non soltanto felice bensì proprio in pace con me stessa, con quanto mi circonda, con quanto è lontano nel passato e nel continuamente mascherato futuro di cui però percepisco di far parte e nel quale non posso accettare di non lasciare una testimonianza, un senso che è il significante del mio esser-ci. Il mio sentire nella comunione con l’Arte, con la Natura credo sia molto vicina a quello di Vincent van Gogh (si veda il film “van Gogh – Sulla soglia dell’eternità”, 2018): immortalo ciò che vedo, per come lo sento, ma quel che vedo forse è piuttosto nella mia testa e nel mio petto. Non ho bisogno di tempo quando creo perché tutto si palesa rapido, in un attimo, come in un soffio che appena percepito già è ito. Potente quanto cruento l’atto creativo, l’esperire, il suo riflesso in grancassa del e nel grande genio olandese. I suoi dipinti, in vita, furono definiti brutti e spaventosi: io li ritengo divini. Ciò mi consola quando i privati ignorano, le istituzioni se ne fregano poiché ottenere denaro è l’unica cosa che interessa loro e un artista difficilmente lo ha. Non è la creazione un atto violento, di sangue, fatica, sudore? Dar forma non di rado lo è, è un esaurimento (anche ragion per cui una volta data alla luce l’opera non appartiene più a chi l’ha fatta nascere), lo stesso che io provo quando tento di dare voce alle varie Giulia del momento, alle loro emozioni di fronte all’affascinante, al mistero dell’origine prima di cui mare, cielo, fiori, alberi sono la testimonianza più vivida, vicina e al contempo immensa da restituire. Tutto questo chi può renderlo con delicatezza? La vita per come ricorre per la sottoscritta non può che essere un impasto dalla consistenza di materico qui, del più imo, intenso e grezzo in primis e ultimo volere – il medesimo che mi piace pensare mi unisca all’insuperabile artista”.