Luciano Tirindelli

Nell’ambito delle celebrazioni per il trentennale della strage di Capaci, l’istituto “C. Colombo”, con numerosi studenti del biennio e triennio, di Sanremo, dopo approfondimenti a scuola, soprattutto durante le lezioni di educazione civica, ha l’onore e il piacere di incontrare Luciano Tirindelli, presidente dell’associazione Scorta Falcone, partecipando, accompagnati dai docenti della scuola, all’evento “CAPACI 30 anni dopo”, organizzato dalla Soc. Coop. C.M.C di Sanremo, per ricordare le vittime di una strage tanto terribile quanto vergognosa, al punto da lasciare una macchia indelebile nella storia del nostro paese.

Luciano Tirindelli porta avanti da anni un lavoro sulla memoria del magistrato, della moglie Francesca Morvillo e dei valorosi colleghi della scorta “Quarto Savona 15” assassinati il 23 maggio del 1992 a Capaci, per diffondere la cultura antimafia, soprattutto tra i più giovani, allo scopo di incoraggiarli a seguire quegli ideali di legalità, d’uguaglianza, di preservazione dei diritti inviolabili dell’uomo che sono i presupposti di uno Stato libero e democratico.

L’evento si terrà mercoledì 1 giugno, alle ore 12.30, presso il Teatro dell’Opera del Casinò e svilupperà attraverso la testimonianza diretta di Tirindelli e l’ausilio di immagini e video dell’epoca; verrà inoltre lasciato un grande spazio al dibattito con gli studenti al fine di creare una commemorazione attiva, che stabilisca un ponte tra la fondamentale componente di memoria storica portata a testimonianza da chi i tragici fatti di quegli anni li ha vissuti in prima persona e la componente di attualità che può venire sviscerata solo dallo scambio attivo e interattivo con gli studenti.

Commentano gli organizzatori: “Le nuove generazioni che appaiono spesso poco informate sulla storia del nostro Paese e desensibilizzate rispetto alle forme di violenza, anche perché immersi in violenze diverse da quelle che riconosciamo come nostra propria esperienza ma non meno pericolose, violenze subdole che troppo spesso si nascondono dietro ad uno schermo cui i giovani danno, causa una profonda solitudine che non è invece propria delle generazioni precedenti, troppa fiducia. Questo può rendere i giovani particolarmente soli e suscettibili a subire, sottovalutare o riprodurre il ‘pensiero mafioso’ che Giovanni Falcone temeva più dei mafiosi stessi. A testimonianza della sensibilità dell’Istituto Colombo per tenere vivo il ricordo e l’ esempio di grandi uomini così importanti per il futuro anche la classe V AFM del corso serale ha avuto la splendida opportunità di incontrare Lirio Abbate direttore de “L’Espresso” che ha raccontato la sua diretta esperienza come inviato sui luoghi delle stragi di mafia che hanno martoriato gli anni Novanta e la sua battaglia quotidiana, stimolando molto interesse e partecipazione”.