claudio scajola

In occasione delle celebrazioni del 25 aprile il sindaco Claudio Scajola ha tenuto il discorso a Palazzo Civico:

“Signore e Signori, Prefetto, Autorità, cittadini tutti. Ricorre oggi il 74esimo anniversario dalla Liberazione. Sono lieto di dare, a nome dell’Amministrazione civica, il benvenuto qui a Palazzo a voi tutti per la celebrazione odierna.

La ricorrenza del 25 aprile e la memoria della Resistenza hanno per la Città di Imperia, e più in generale per l’intero Ponente Ligure, un valore particolarmente significativo.

C’è un episodio che più di altri dimostra l’importanza che la Resistenza ha avuto per il territorio della nostra provincia. Al termine del secondo conflitto mondiale, nel corso della Conferenza di Pace di Parigi, ci fu un’aspra e complessa trattativa sulla definizione del confine tra Italia e Francia.

L’obiettivo francese era di estendere il proprio territorio sino a Bordighera. Si riuscì, infine, a ottenere il compromesso della divisione del fiume Roya e a mantenere il confine a Ventimiglia.

Per fare ciò fu determinante il supporto al nostro Governo nelle trattative da parte degli americani, che fecero leva sul ruolo attivo svolto dalla Resistenza del Ponente ligure nel corso della guerra.

Se è evidente che la guerra fu vinta grazie agli Alleati, è altrettanto evidente che le forze partigiane, al di là di taluni gravissimi episodi che la storiografia recente ha giustamente indagato, abbiano contribuito a portare l’Italia fuori dall’orrore della guerra, dal dramma della privazione della libertà, alla democrazia.

La Resistenza, nella sua accezione più ampia e considerando tutte le sue componenti, è un fenomeno che ha segnato la storia del nostro Paese, il riscatto e la rinascita dell’Italia. Per tale motivo il 25 aprile non può essere rivendicato da una sola parte politica, ma deve rappresentare una giornata di festa per tutti e di tutti.

Vorrei ricordare una frase attribuita a Vittorio Foa, durante una discussione con il fascista Giorgio Pisanò, che ho letto stamane. “Se aveste vinto voi, io sarei ancora in galera. Abbiamo vinto noi e tu sei senatore della Repubblica”.

Lo sforzo compiuto negli ultimi anni, affatto semplice e talvolta faticoso, è stato proprio di rendere il 25 aprile un momento di coesione e non di divisione. Esattamente dieci anni fa, il 25 aprile 2009, il Governo di cui facevo parte scelse di celebrare la Festa della Liberazione ad Onna, cittadina abruzzese devastata pochi giorni prima dal terremoto. Gli analisti sottolinearono il grande messaggio di unità emerso da quella circostanza. Dobbiamo insistere su questa strada.

Quel giorno ricordammo infatti che durante la guerra “tutti seppero accantonare le differenze, anche le più profonde, per combattere insieme. I comunisti e i cattolici, i socialisti e i liberali, gli azionisti e i monarchici, di fronte a un dramma comune, scrissero, ciascuno per la loro parte, una grande pagina della nostra storia. Una pagina sulla quale si fonda la nostra Costituzione, sulla quale si fonda la nostra libertà”.

La storia del 25 aprile è quindi una storia di impegno, con la quale stride l’indifferenza che affligge la comunità di oggi. Dire “non mi tocca”, “non mi riguarda”, non m’interessa”. Dire all’altro “chi te lo fa fare?”, “lascia perdere”. Mi rivolgo soprattutto ai voi giovani presenti in questa Sala: coltivate la cultura dell’impegno, senza mai aver paura di nulla se non della vostra coscienza.

Ed è per questo che prima di lasciare la parola a Giacomo Raineri per l’orazione ufficiale, voglio concludere con le parole del teologo tedesco Martin Niemöller, che per un sermone antinazista fu rinchiuso da Hitler nel campo di concentramento di Dachau.

“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”.

È una lezione da tenere a mente in questa giornata del 25 aprile. Se perdiamo di vista la storia e i suoi insegnamenti, facendoci sedurre da riletture di storici improvvisati che, ahimè, paiono contagiare anche taluni esponenti politici di Governo, finiremo con l’essere inermi di fronte alle sempre più complesse sfide del futuro.

Viva il 25 aprile! Viva l’Italia! Viva la Repubblica!”