Mara lorenzi coronavirus
Foto Covid-19: NIAID - CC BY 2.0

Professoressa Mara Lorenzi, durante la sua vita professionale negli Stati Uniti, lei si è occupata di ricerca sul diabete ed è stata per molti anni direttore di un laboratorio di ricerca ad Harvard. Sul nuovo Coronavirus sentiamo parlare molto dell’infezione e della malattia, e delle gravi conseguenze per la società.

Vuole darci una prospettiva dal punto di vista della ricerca?

“La prima cosa che posso dire – afferma Mara Lorenzi – è che dobbiamo ancora una volta riconoscere con l’umiltà che ogni ricercatore impara ad avere, come la Natura sia capace di sfidare con grandissimo successo l’intelligenza umana e tutte le tecnologie che si è inventata. Nel caso di queste pandemie virali un invisibile parassita perché questo è il virus, un parassita molecolare che vive solo se infetta una cellula, mette sull’attenti e poi in limbo il mondo intero a costi esorbitanti.

Il fatto è che pandemie virali come quella in cui siamo coinvolti oggi sono successe in passato e continueranno a succedere in futuro perché la Natura si tiene molto cari i virus. I virus sono “pacchetti” di acidi nucleici, le molecole che portano l’informazione genetica; e la capacità di infettare permette loro di inserire nuovo materiale genetico in cellule vegetali e animali. Il risultato è che i virus sono strumenti importanti per mantenere la biodiversità in natura e per modificare le caratteristiche di una specie spingendo così l’evoluzione.  

Per mettere in prospettiva quanto sta accadendo, voglio iniziare dal nome ufficiale del nuovo virus che causa la malattia COVID-19. Il nome ufficiale del virus è SARS-CoV-2 che ci dice che questo è il secondo coronavirus che causa quella severa e acuta sindrome respiratoria che in Inglese è “Severe Acute Respiratory Syndrome” (SARS). La prima SARS era stata causata da un altro coronavirus, SARS-CoV, responsabile nel 2003 di un’epidemia che si era sviluppata quasi esclusivamente in Asia e in Canada. Quel virus non ha più prodotto infezioni dal 2004.

Che cosa abbiamo imparato dall’epidemia SARS del 2003 che possa essere utile ora?

“Mi sembra che la cosa più importante – prosegue la professoressa Lorenzi – che abbiamo imparato è che questi virus mutano in continuazione e rendono difficile capitalizzare su quanto acquisito. Ad esempio, a mio sapere non era stato sviluppato un vaccino contro SARS-CoV. Ma Wayne Marasco di Harvard aveva identificato un anticorpo monoclonale (da una “libreria” di 27 miliardi di anticorpi) capace di bloccare la proteina che SARS-CoV usava per entrare nelle cellule dei polmoni. Sarebbe stato bello poter contare ora su quell’anticorpo; ma SARS-CoV-2 è mutato rispetto a SARS-CoV, e anche se rimane capace di usare lo stesso recettore per entrare nelle cellule dei polmoni, non lega quell’anticorpo che quindi non è usabile per prevenire o interrompere l’infezione.

Da SARS 2003 senz’altro abbiamo imparato il valore degli interventi di salute pubblica e di contenimento, perchè furono proprio queste misure che riuscirono ad interrompere l’epidemia. Ma quel virus era una sfida ben minore di SARS-CoV-2 perchè veniva trasmesso solo da persone sintomatiche. Infatti l’epidemia era stata molto più ristretta (un totale di 8.098 casi riportati con 774 morti). Tutti concordano che per la pandemia di SARS-CoV-2 il contenimento non riuscirà ad essere un rimedio definitivo.”

Che cosa succederà dopo il tentativo di contenimento che con grande responsabilità si sta portando avanti?

Considerando che dopo la fase di contenimento solo chi è guarito da COVID-19 avrà immunità attiva, e la maggioranza rimarrà esposta all’infezione, credo che l’aiuto immediato verrà da farmaci antivirali. Abbiamo bisogno di farmaci che, come quelli sempre più numerosi contro i virus dell’influenza, se assunti entro 48 ore dall’inizio dei sintomi interrompono la replicazione del virus e cosi riducono la gravità e la durata della malattia. O addirittura possono aiutare a prevenirla se assunti subito dopo l’esposizione a contagio. In questi giorni iniziano a comparire resoconti incoraggianti sull’efficacia del farmaco remdesivir sui primi pazienti trattati. Ci sono anche dati che suggeriscono efficacia del farmaco antimalaria clorochina. Per ora i dati sui farmaci antivirali sono anedottici, e si stanno aspettando dalla Cina i risultati di trials clinici in fase di completamento.

Per poter usare in modo appropriato remdesivir o un altro dei farmaci antivirali che diventeranno disponibili, bisognerà però poter fare il test per SARS-CoV-2 molto più facilmente ed avere risultati molto più velocemente. E per prevedere che cosa aspettarsi a livello di popolazione, sarà importante monitorare la risposta immunitaria nella popolazione. Questi sono altri aspetti su cui ci aspettiamo aiuto dalla ricerca.

Se questo virus non “scomparirà” come ha fatto quello di SARS-CoV, il rimedio su cui contare a più lungo termine sarà un vaccino. Ci sono almeno 12 vaccini candidati contro SARS-CoV-2 che iniziano in questi giorni il loro percorso verso il possibile uso clinico. E poiché la popolazione più a rischio è quella anziana, il cui sistema immunitario reagisce meno anche ai vaccini, si stanno pianificando per questo segmento della popolazione vaccini che contengano “adiuvanti”, piccole molecole che aumentano la risposta immunitaria. Ora l’impegno di ognuno e di tutti è guadagnare tempo. Per poter poi riprendere la vita normale sapendo che la popolazione potrà contare su rimedi da assumere ai primi sintomi e capaci di prevenire la necessità di ospedalizzazione e cure intensive.”