primo piano - Ristoratori Sanremo
play-rounded-outline
07:28

Dopo un primo momento sotto choc, la maggior parte colti di sorpresa dalle nuove e stringenti norme anti-Covid, i ristoratori di Sanremo dicono la loro riguardo il divieto di aprire i locali nelle ore serali.

Pareri a volte discordanti, c’è chi ha detto che sarebbe stato meglio lasciare aperto sino alle 23, chi ha chiesto controlli più severi e multe salate nei confronti dei trasgressori, e chi invece avrebbe preferito una chiusura generalizzata anche di un intero mese da considerare come chiusura stagionale in un periodo dell’anno che tradizionalmente non è certo tra i più remunerativi.

“Intanto noi siamo aperti tutti i giorni – dice Niccolò Esposito del ristorante Napul’è in corso N. Sauro – dalle 12 alle 18 e poi facciamo funzionare il servizio da asporto. In più per incentivare il consumo abbiamo deciso di proporre tutte le nostre pizze al prezzo unico di 5 euro, speriamo possa servire per i clienti locali e per noi ad andare avanti in queste difficili settimane. Noi lavoriamo molto anche di giorno con i francesi, loro sono una grande risorsa per tutti noi, speriamo solo che non debbano nuovamente chiudere la frontiera, sarebbe un vero guaio per la nostra economia basata sul turismo”.

Alessandra Filippi del ristorante La Siesta di fronte al Forte di Santa Tecla la prende con filosofia: “Speriamo che serva a fermare questo maledetto virus e che i nostri sacrifici possano essere utili. Anche noi finito il servizio di mezzogiorno ci dedichiamo al servizio da asporto, siamo su facebook con le nostre proposte, pronti per servire chi ci chiama e andare avanti. Secondo me sarebbe stato meglio chiudere tutto per quindici giorni e poi essere più tranquilli per Natale, invece così è un’incognita. Adesso alla sera siamo tutti chiusi ma ci sono un sacco di ragazzini al sabato notte che si radunano sulla cima del porto, hanno le bottiglie in mano, se le passano l’uno con l’altro e si passano anche il virus. E non sono solo i giovanissimi, ho visto anche adulti comportarsi senza intelligenza”.

È senza mezzi termini il commento di Libero Alborno, titolare di due ristoranti, il Flipper di Corso Mombello e Il Molo nella zona dei baretti del porto vecchio: “Questo provvedimento è solo un gran casino, tutto sbagliato. Chiudere tutto per un mese e riaprire a dicembre e lasciarci lavorare piuttosto che farci chiudere alle 18 con un danno enorme. Ieri ero a Milano, gente ovunque e assembramenti su autobus e metropolitane, che senso ha? Ho 25 dipendenti e non so come fare, almeno tenere aperto sino a mezzanotte poteva andare bene. E i bar che vivono sull’aperitivo, o quei locali che lavorano dopo la mezzanotte? Un disastro, speriamo che possano modificare questo decreto perché siamo in ginocchio”.

In una Piazza Bresca semideserta incontriamo Valentino Papa, uno dei soci del B.I.G. e di Diverso, un ristorante che ha aperto solo una decina di giorni fa: “Adesso è come ieri sera dopo le 18, l’unica differenza è la temperatura, sembrava veramente ci fosse il coprifuoco. Sarebbe bastato posticipare un po’ l’orario di chiusura e ci saremmo almeno pagati le spese che sono tante quando si apre un’attività, così ci tagliano le gambe. I dipendenti del Big vanno in ferie e recuperano gli arretrati, quelli di Diverso per ora continuano dato che siamo aperti dalle 11,30 a fine servizio”.

Due bar, il Roma e la Bodeguita con ingresso in via Gaudio sono chiusi: il primo per alcuni giorni di ferie, il secondo per riorganizzare il servizio aperitivi-ristorazione-tapas sulla base dell’ultimo Dpcm.

Chiudiamo il tour tornando in piazza Bresca nello storico ristorante Da Nicò gestito dalla famiglia Martino. “L’estate ci aveva dato un segnale di ripresa – dice Raffaele – e invece siamo punto a capo. Facciamo buon viso a cattivo gioco e facciamo servizio continuato dalle 11 alle 18 e poi rifacciamo quello che facevamo a primavera, takeaway e delivery sino alle 22 senza costi aggiuntivi per la consegna a domicilio. Faremo di tutto per non penalizzare i dipendenti che sono con noi da tanto tempo. Non sono d’accordo con chi dice che sarebbe stato meglio chiudere tutto per due o tre settimane, credo che questo virus colpisca più l’economia che il settore della sanità”.