toni capuozzo

Si terrà questa sera alle ore 21 presso villa Scarsella a Diano Marina l’incontro letterario con il giornalista televisivo e scrittore Toni Capuozzo. Per l’occasione verranno presentati i suoi libri “Lettere da un Paese chiuso” e “Balcania”.

A dialogare con l’autore il giornalista Andrea Pomati.

Lettere da un Paese chiuso

In un’Italia chiusa, ferita, impaurita… nelle lunghe settimane della quarantena da coronavirus, Toni Capuozzo scrive appunti, idee, pensieri, ricordi che presto diventano vere e proprie lettere. Nasce così, giorno dopo giorno, un insolito “diario di bordo” fatto di pagine sulla cronaca, sulla politica, sull’isolamento forzato, su uomini e donne alle prese con la vita e con la morte… ma è una stesura di getto e così, nelle lettere, Capuozzo torna anche sulla sua vita, in un lungo viaggio tra il presente e il passato. La sua capacità di osservazione e la sua sensibilità restituiscono un’istantanea dell’Italia alle prese con il coronavirus tanto originale quanto autentica e profonda. Una narrazione malinconica e divertente al tempo stesso, dolce e amara, giovane e antica. Le Lettere da un Paese chiuso sono, innanzitutto, il racconto di un’umanità di cui facciamo tutti parte, in cui ognuno di noi si ritrova, carattere dopo carattere, ritratto dopo ritratto.

Balcania

Un libro che viaggia sul filo dei ricordi dell’autore, che per dieci anni ha seguito da inviato per la televisione i conflitti della ex Jugoslavia. C’è lo stupore di una guerra europea, sotto casa, e il tentativo di trasformare le notizie, destinate a durare poche ore, in racconti capaci di spiegare una guerra meglio di tante analisi geopolitiche. Al cuore del libro, la narrazione dell’assedio, con la morte quotidiana, le strategie di sopravvivenza, i giardini trasformati in cimiteri, l’ospedale psichiatrico come unico luogo inevitabilmente multietnico della Bosnia. Trent’anni dopo è inevitabile chiedersi a che cosa sia servito tanto dolore…

Toni Capuozzo

Antonio “Toni” Capuozzo nasce a Palmanova nel 1947. Inizia l’attività di giornalista nel 1979, a “Lotta Continua”, per la quale segue l’America Latina, e diviene professionista nel 1983. Dopo la chiusura della testata, scrive per “Reporter”, “Panorama Mese” ed “Epoca”. Durante la Guerra delle Falkland (1982) ottiene un’intervista esclusiva al grande scrittore Jorge Luis Borges. Successivamente, si occupa di mafia per il programma “Mixer” di Giovanni Minoli. È inviato per la trasmissione “L’istruttoria”. In seguito, collabora con alcune testate giornalistiche del gruppo editoriale Mediaset (TG4, TG5, Studio Aperto), seguendo in particolare le guerre nell’ex Jugoslavia, in Somalia, in Medio Oriente e in Afghanistan. Vicedirettore del TG5 fino al 2013, dal 2001 cura e conduce per dieci anni “Terra!”, settimanale del TG5, e poi va in onda su Retequattro, sotto la direzione di Videonews. Sua, inoltre, la rubrica di Tgcom24 “Mezzi Toni”. Nel 2021 ha realizzato per Mediaset il reportage “Il sogno di una cosa”, dedicato ai cento anni del Partito Comunista Italiano. Non solo giornalismo d’inchiesta, nella sua prestigiosa carriera, ma anche una grande passione per il teatro, unita all’impegno per le cause umanitarie. Nel 2009 ha messo in scena, con Mauro Corona e il complesso musicale di Luigi Maieron, “Tre uomini di parola”, uno spettacolo i cui proventi finanziarono la costruzione di una casa-alloggio per il centro grandi ustionati di Herat, in Afghanistan. Nella stagione 2009-2010 è stato direttore artistico del “Festival del Reportage” di Atri (Abruzzo). Nel 2011, con Vanni De Lucia, ha messo in scena “Pateme tene cient’anni”, una storia di padri e di patrie. Sposato, due figlie, Capuozzo si è sempre definito “genitore di due figli e mezzo”. Ai tempi della guerra nell’ex Jugoslavia, infatti, ha preso sotto la sua ala protettiva un bambino bosniaco, Kemal. All’epoca, Capuozzo si trovava a Sarajevo come inviato. Kemal aveva pochi mesi quando rimase vittima dei bombardamenti serbi. La madre morì, lui perse una gamba. Il giornalista decise di portarlo in Italia prima che cominciasse a camminare, affinché fosse dotato subito di una protesi. Capuozzo lo portò nel nostro Paese di nascosto, si occupò delle sue cure e lo tenne con la sua famiglia fino al compimento dei cinque anni. A quel punto, Kemal, che aveva frequentato un asilo italiano, su decisione del tribunale dei minori tornò dal padre naturale a Sarajevo. Capuozzo, però, ha continuato ad andarlo a trovare, tanto che il ragazzo oggi chiama “papà” sia Toni che il vero genitore.