Sotto la superficie del mare, a pochi metri dalla riva, c’è un’immensa prateria di Posidonia oceanica, una vera e propria pianta acquatica endemica del Mediterraneo. Una pianta non un’alga! La differenza è sostanziale: le piante come Posidonia hanno radici, fusto, lunghe foglie verdi, fioriscono e fruttificano come le piante che conosciamo sulla terraferma. Proprio davanti alle dighe di Cervo, uno dei borghi più belli d’Italia, troviamo l’ultimo meraviglioso esempio di posidonieto su roccia del Golfo Dianese, che insiste sulle dighe dove centinaia di turisti trascorrono le ore estive e invernali godendo del paesaggio unico e del mare cristallino garantito proprio dalla presenza di questa preziosa pianta.
“E’ anche grazie alla massiccia presenza di questa importante pianta acquatica”, racconta la biologa marina Monica Previati, “che sono stati istituiti i SIC (Siti di Importanza Comunitaria), uno dei quali, quello di Capo Berta- Diano Marina e Capo Mimosa, tra i più profondi e i più importanti della Liguria di Ponente. Nonostante i ruoli ecologici fondamentali di questa pianta, le praterie di P. oceanica sono in forte regressione in tutto il bacino del Mediterraneo (circa -36% negli ultimi 50 anni), soprattutto nelle aree costiere fortemente urbanizzate. Ciò accade a causa dell’erosione costiera, dei cambiamenti climatici e, in generale, come conseguenza delle diverse e crescenti attività antropiche e di una cattiva gestione della fascia costiera. Porzioni di prateria di P. oceanica sempre più ampie sono danneggiate dagli effetti dell’inquinamento, della pesca a strascico, della costruzione o dell’ampliamento di porti e dall’ancoraggio indiscriminato delle imbarcazioni. Eppure, non viene recepito il fatto che”, conclude la biologa marina Previati, “1 m² di prateria di P. oceanica che scompare equivale ad una perdita in denaro (in termini di minor produzione di ossigeno, maggiore erosione e opere di ripascimento dei litorali) che va da 39.000 a 89.000 € l’anno e causa l’erosione di circa 15 metri di litorale sabbioso, senza considerare la perdita di biodiversità e di bellezza.

“Grazie a centinaia di ore trascorse in immersione e snorkeling, i soci di Informare, affiancati da ricercatori e biologi marini, hanno documentato negli anni lo stato dei fondali del Golfo Dianese e continuano a farlo”, spiega Susanna Manuele divulgatrice e video operatrice di Informare. “Il mare lo raccontiamo e lo portiamo alle persone attraverso le nostre immagini, ne documentiamo la bellezza ma anche le criticità.”

“Per questo – aggiunge Fabio Rossetto, specializzato in video sub – preghiamo tutti di non stressare ulteriormente questo habitat con ancoraggi, lenze e attrezzi da pesca o azioni di disturbo delle specie presenti in mare. Aiutateci a proteggere”.