giovanni toti

“Dietro alla resistenza di una certa politica, contraria al progetto di una maggiore autonomia per Regioni, e, di conseguenza anche Province e Comuni, vedo soprattutto la paura. Non paura di perdere risorse per i propri territori, cosa che con la riforma non può avvenire, ma la paura di essere giudicati dai cittadini senza più pretesti, scuse, confusione di responsabilità: tutti fattori che spesso giustificano la mancanza di visione o di coraggio. Certo è più facile, nella notte hegeliana in cui tutte le vacche appaiono nere, confondere e nascondere incapacità, insipienza, mancati obiettivi. Con maggiore autonomia invece ognuno sarà costretto ad assumersi responsabilità delle scelte, delle leggi che si approvano, del modello di sviluppo sociale ed economico del suo territorio. E risponderne agli elettori. E gli elettori, di fronte a mancati risultati, saranno chiamati a mandare a casa i politici inetti che hanno mancato l’obiettivo, oppure a condividerne le scelte nepotistiche o populiste che siano, senza il diritto di lamentarsi”. Così il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti sul disegno di legge sull’autonomia differenziata delle Regioni presentato dal Governo.

“Nessuno con l’autonomia potrà più nascondersi dietro il destino cinico e baro, la burocrazia, le mani legate dall’altrui potere. Autonomia – prosegue Toti – vuol dire che esiste il diritto, ma esiste anche il dovere: dovere di scegliere, dovere di assumersi responsabilità, dovere di giudicare e essere giudicati. Tanto è vero che l’esigenza di maggiore autonomia per gli enti locali viene avanzata da molte delle amministrazioni più efficienti del paese. E la maggiore resistenza arriva da territori che francamente negli ultimi decenni non hanno spesso espresso il meglio in termini di amministrazioni. Autonomia è soprattutto selezione di classe dirigente. E dovrebbero essere le Regioni più indietro economicamente e socialmente a pretenderla con maggiore forza. Se oggi esiste una Italia a più velocità non è certo per l’autonomia, che non c’è, ma per colpa di pessime classi dirigenti e di un centralismo romano che tutto ha protetto e giustificato sotto l’ombrello della mediocrità”, conclude il presidente della Regione.