A sinistra l'alpinista Stefano Sciandra, a destra il padre Romano

Con una riflessione l’alpinista e giornalista Stefano Sciandra dice addio al padre Romano, vittima del Covid-19:

“La morte si sconta vivendo”. Mio Padre Romano era solito ripeterla spesso questa frase tratta dalla poesia “Sono una creatura” di Giuseppe Ungaretti, soprattutto da quel 6 maggio 2011 quando, dopo quasi mezzo secolo di malattia, se ne andĂČ mia Mamma Angela.

Solo adesso ne ho compreso il significato, nel momento in cui anche Lui, 91enne ospite della Casa di Riposo Orengo-Demora, ha concluso il Suo cammino terreno, vittima del Covid 19.

Esprimo il mio grazie al Personale della Casa di Riposo per quanto fatto in condizioni difficilissime, in particolare a Sorina, che Ú stata la mia voce in questi giorni durissimi, a Brunella che mi ha permesso un ultimo saluto in video chiamata, che resterà immagine terribile perché nulla sarà come prima, ad Antonella e alla task force della Protezione Civile composta da Medici e Infermieri intervenuti a sostegno della drammatica situazione che era venuta a crearsi.

In questo momento di prostrazione, come per altro accade per migliaia di Persone, che hanno vissuto e stanno vivendo identica situazione, nel pensiero rivolto a mio Padre che per tanti anni Ăš stato un funzionario pubblico dopo gli inizi nell’Arma dei Carabinieri, accomuno una riflessione piĂč profonda per chi vorrĂ  condividerla.

Sono sempre andato controcorrente, e da giornalista ho sempre analizzato la realtĂ  in modo oggettivo prendendo le distanze dagli atteggiamenti comuni, dagli striscioni, dai flash mob, cercando risposte e interpretando i fatti. Io non giudico maledetto questo virus, anche se mi ha portato via nel modo peggiore una parte di quel che restava della mia Famiglia e segnerĂ  per sempre quel che sarĂ  il resto dei miei giorni.

Al di lĂ  di quali siano le origini di questo virus, fa poca differenza, esso Ăš solo una logica conseguenza di ciĂČ che abbiamo fortemente cercato. Madre Terra ci ha mandato tanti segnali: terremoti, alluvioni, cambiamenti climatici, ma abbiamo ignorato tutto. Siamo rimasti arroccati nella nostra arrogante indifferenza, dimenticando un verso della grande Mia Martini quando con la Sua voce inimitabile cantava “Tu piccolo uomo”.

Da alpinista, nelle mie serate in giro per l’Italia cito sempre un antico proverbio Maori: “Se devi chinare il capo fallo davanti a una potente Montagna”.

La Montagna Ăš come una bella donna, la puoi corteggiare, puoi essere garbato e gentile, poi Ăš Lei, e solo Lei, a decidere se concedersi o meno. Noi invece ci prendiamo tutto, con la forza, con tracotanza, dimenticando il rispetto e chiudendolo in un cassetto. Il dolore che stiamo vivendo Ăš il dazio e l’ennesimo ammonimento a fermarci.

Questo virus ci sta lacerando l’anima, strappandoci affetti nel modo piĂč atroce, impedendoci persino la pietas umana, ma non deve scatenare rabbia in noi, ma solo consapevolezza. Non so come finirĂ  questa vicenda, se ci sarĂ  una immunitĂ  di gregge che richiederĂ  altre vittime, tante, se i “governucoli”, riapriranno le gabbie per vedere che succederĂ , o se nemmeno questo basterĂ , perchĂ© quanto sta accadendo con persone guarite nuovamente ammalate, la portata di questo evento diventerebbe epocale e metterebbe un bel punto interrogativo su un domani sempre piĂč appeso a un filo.

I signori che oggi siedono nelle loro residenze dorate continueranno come sempre fatto, discuteranno di Mes o di Eurobond, preparando i loro bunker che non basteranno a proteggerli, semmai allungheranno un pochino i loro tempi di sopravvivenza prima di essere spazzati via come la povera gente e come tutti i COMUNI mortali.

In ultimo una considerazione alpinistica. Ho salito 45 4000 nella mia carriera, che non so se riuscirĂČ a riprendere dopo questo dramma, tutti partendo con il capo chino e guardando i miei piedi, mai la vetta, per vedere quanto era distante.

Quella stava sopra in alto, io, come tutti noi, sotto. Dimentichiamo sempre che ù sui fianchi della Montagna che si sviluppa la vita, non in cima, senza la cima non si possono avere i fianchi, dovremmo imparare con modestia a risalire quelli, camminando con passo lento e costante “Kalipù”. Buon viaggio Papà, saluta la Mamma, a presto.

Stefano Sciandra, alpinista…uno dei conquistatori dell’inutile..