figli d'arte sanremo 2026

Il Festival che si terrà dal 24 al 28 febbraio del prossimo anno, dopo mesi di carte bollate, sentenze, Tar, Consiglio di Stato, pace finalmente fatta tra Rai-Palazzo Bellevue sul rinnovo dell’esclusiva per altri 3-5 anni tra poche settimane, al 76° Sanremo potrebbe invece arrivare “il giorno del peggio”.

La scaletta dei 30 cantanti, scelti anche per questa edizione dal direttore artistico e “bravo presentatore” Carlo Conti, a torto o a ragione per molti esperti ed amanti della manifestazione avrebbe penalizzato troppo la canzone melodica italiana, lasciato a casa nomi importanti, big famosi anche all’estero, preferendo troppi giovani emergenti, amanti dell’hip-hop/trap, rock, pop, hits rap. Spazio questa volta troppo rilevante, degno di nota dato ai “figli d’arte“. Prima che arrivasse l’AI, l’intelligenza artificiale, i pochi fortunati si soleva chiamarli più semplicemente “figli di papà”, con “santi in paradiso” a cui non si può dire di no.

Nella città dei fiori, del Casinò “dicunt” non sarebbe la prima volta. Insomma tutto il mondo sarebbe paese, “omni patria in mundo”. Stavolta nella città della roulette, del rosso e nero, dei fiori e di “Battifibia” Carlo Conti, tirato in ballo, ha cercato di gettare acqua sul fuoco, eliminare polemiche. Scarsi, però, sino ad oggi i risultati. Questo il poker chiacchierato dei più fortunelli: LDA, Luca, figlio di Gigi D’Alessio, si era già parlato di lui quando aveva partecipato ad Amici, alla corte di Maria De Filippi (Canale 5); Tredici Pietro (Pietro Morandi) figlio del grande Gianni, cantante ed anche lui più volte “bravo presentatore” del Festival di Sanremo; Leo Gassmann, figlio dell’attore-detective Alessandro Gassmann e nipote dell’insuperabile nonno Vittorio Gassmann; Elettra Lamborghini, regina del pop, già stata al Festival, erede di una straordinaria fortuna, nipote di Ferruccio, il geniale fondatore e costruttore della Lamborghini, supercar insieme alla Ferrari tra le più sognate al mondo. Porte troppo spalancate alla Generazione Z? Probabile.

Il mercato ha le sue regole, marcia con la velocità del fulmine. Chi vende, chi riempie stadi, teatri ai suoi concerti è bravo. Non importa anche solo per una, due stagioni. Pronto il ricambio. Costa meno e fa guadagnare di più. I Gianni Morandi, i Gigi D’Alessio, i Gassman, Al Bano, Tozzi, Mina e  tanti altri loro colleghi sono già storia della musica e del Festival di Sanremo. E gli “accordi & disaccordi” del Sanremo 2026? Troppi, forse i cantanti in gara scarsamente conosciuti o ignoti al grande pubblico, agli agè? Conti giura che sarà un grande Festival. I tempi sono cambiati, i giovani vogliono nuove sonorità, nuove emozioni. Attenzione però: seguire il Festival in tv, alla radio ci sono anche gli anziani, le persone di mezza età sono tantissimi, plaudono ai bravi cantanti, alle belle canzoni, non si lasciano influenzare da musiche, vestiti, nudità, taglio di capelli, tatuaggi impressionanti. Spengono la luce.

Il cantiere aperto del Festival riporta alla mente quello tragico del 1975, di 51 anni fa, il primo presentato dal leggendario Mike Bongiorno, l’ultimo allestito nel Salone delle feste del Casinò diventato, per il successo e l’importanza crescente, troppo piccolo. Non ebbe successo, le case discografiche e “Mamma Rai” quell’anno non collaborarono come dovuto. Furono venduti solo 45 milioni di dischi. Un disastro. Vinse Gilda, con la canzone “Ragazza del Sud”. Il suo vero nome è Rosangela Scalabrino, nata a Torino allora studentessa universitaria in medicina a Modena. La canzone è sua, la scrisse lei. 

Poteva andare peggio se gli amministratori matuziani di allora avessero alzato bandiera bianca, se l’assessore al Turismo di allora, Napoleone Cavaliere, uomo forte della DC, non avesse avuto il coraggio, di sfidare la Rai, di fare in autonomia il Festival. Bloccarlo, rinviarlo sarebbe stata la fine. Addio al “Perché Sanremo è Sanremo” del grande Pippo Baudo. Cavaliere (Napoleone di nome e di fatto), non ascoltò niente e nessuno. Dicunt avesse simpatia per la giovane “Ragazza del sud”, forse chiuse più di una volta gli occhi al fine di riuscire, ad ogni costo, organizzare il Festival e salvarlo scegliere collaboratori, tecnici, tutti i cantanti sconosciuti necessari, il vincitore ed altro a tempo di record. Bruno Pallesi venne chiamato in fretta e furia da Cavaliere per organizzare regia, cast, tutto il meglio possibile. Mancando i discografici impossibile avere artisti professionisti, tranne tre: Angela Luce, Piero Cotto e Rosanna Fratello. Gli altri 27, sconosciuti. Senza Napoleone ed il suo coraggio, la sua diplomazia politica, la sua irruenza probabilmente la storia del Festival sarebbe finita prima.

Tra i due Sanremo e alcuni loro protagonisti ci sono diverse analogie. La prima: braccio di ferro con “Mamma Rai” per Napoleone e Company nel 1975, idem quest’anno per il sindaco Mager e l’assessore al Turismo e manifestazioni Sindoni. La seconda: in entrambi i Festival sono stati scelti 30 partecipanti. La terza: pochi big e tanti semi sconosciuti. La quarta, respiriamo la stessa aria di sangue, ingiustizie, malgoverni di ieri, Brigate rosse, la strage di Piazza della Loggia a Brescia e oggi guerre, morti ovunque: Kiev, Palestina, Israele, Russia, Africa, Sudan, in ogni parte del mondo. Purtroppo non… “sono solo canzonette”.