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Se c’è una cosa che accomuna letteralmente ogni squadra di calcio al mondo, dalla Seconda categoria alla Champions League, è l’immancabile dibattito sul quale sia la partita più importante, se vogliamo, iconica, della propria storia.

Se è difficile(per una questione di abbondanza) stabilirlo con certezza per i grandi club(o le nazionali) abituate storicamente ad arrivare in fondo ai tornei con una coppa in mano, per le squadre di provincia, la questione si fa più sfumata, ma per certi versi anche più affascinante, in un viaggio nella memoria di provincia, che molto spesso è fatta di foto poco chiare, di testimonianze, di piccole leggende tramandate di bocca in bocca.

Nel caso della Sanremese, il fascino della grande partita iconica lo si può trovare nei duelli in categoria con squadre e giocatori d’eccezione, come le partite contro il Vicenza negli anni 80, nella quale muoveva i primi passi da professionista un giovanissimo Roberto Baggio), o le promozioni storiche, in C1 nel 79, o addirittura in Serie B nel 1937.

Oppure, la si può trovare in suggestivi incroci contro i grandi colossi del calcio, siano essi in amichevoli o gare ufficiali, come l’esordio assoluto in Coppa Italia della Juventus al Comunale di Sanremo, nel giorno di Santo Stefano del 1935. Quella stessa Juventus che stava per concludere il suo quinquennio d’oro e che fino all’anno prima era guidata da Carlo Carcano).
Come poi non citare l’incredibile vittoria per 2-1 in amichevole contro l’Inter di Rummenigge, nel febbraio del 1985, negli stessi giorni in cui Pippo Baudo per la seconda volta in carriera, dava il via al Festival della Canzone Italiana.

Forse però la più affascinante di tutte fu un amichevole dal sapore particolare, perché si inserisce direttamente nei crocevia della storia del calcio e della storia con la ‘S’ Maiuscola.

Il 2 gennaio 1957 sul prato dello Stadio Comunale di Sanremo, si presenta l’ Honved di Budapest.
Probabilmente la squadra più forte al mondo in quegli anni. Certamente quella più rivoluzionaria nella storia del pallone, almeno fino alla comparsa del calcio totale olandese e di Johan Cruijff.


L’ Honved era la base sul quale era costruita l’ “Aranycsapat”(squadra d’oro in lingua magiara), nome con il quale veniva definita la nazionale ungherese di quegli anni. Un epopea iniziata con la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Helsinki del 1952 e proseguita con roboanti vittorie, come i 6 gol che rifilarono agli inglesi a Wembley, in una sconfitta che lasciò increduli i “maestri del gioco”(mai prima d’ora una squadra era venuta dal continente a batterli in casa loro), che infatti, ritenendosi di diritto superiori, ebbero un rematch pochi mesi dopo. Ne preserò altri 7, in quella che è tutt’ora la più grande sconfitta della storia dell’inghilterra.

Un mito che si interromperà incredibilmente a un passo dal diventare campioni del mondo nel 1954. Dopo aver letteralmente spazzato via ogni avversario e dopo aver segnato 2 gol in meno di 10 minuti all’inizio della finale, l’Ungheria subì un incredibile rimonta da parte della Germania, che trionfò per 3-2, in quello che tutt’ora è noto come “Il miracolo di Berna”.

Quella squadra era troppo forte, con una generazione irripetibile di fuoriclasse, da Czibor, a Sandor Kocksis. Ma soprattutto lui, il “Colonnello” Ferenc Puskas, uno dei 3-4 piedi sinistri più forti della storia del calcio.

Ma al momento di affrontare la Sanremese, la Hoved veniva da mesi di inattività agonistica, con l’eccezione di qualche amichevole.
Nell’ottobre precedente era infatti scoppiata la Rivoluzione Ungherese che in circa 12 giorni venne violentemente repressa nel sangue dai carri armati sovietici, con quasi 3mila morti e 250mila magiari che fuggirono verso il blocco occidentale. In un clima surreale la Honved era riuscita a raggiungere Bilbao per gli ottavi di finale della seconda edizione della Coppa Campioni, che li vide uscire sconfitti, 3-2 in Spagna e poi 3-3 a Bruxelles, in campo neutro.
Sollecitati a tornare in patria, la maggior parte dei giocatori scelse la via dell’esilio, che costò loro la squalifica di 2 anni dalla FIFA e lo scioglimento del club.

In quei 2 anni di attesa, la squadra organizzò un tour di amichevoli in giro per il mondo. E fu allora che sbucò l’ambiziosa Sanremese dell’epoca a proporre un amichevole, che i magiari accettarono di buon grado, anche grazie alle amicizie che Puskas aveva in Riviera.

Accusato di diserzione(era colonnello dell’esercito), aveva fatto emigrare clandestinamente la famiglia in Italia e aveva amici a Bordighera, dove si trasferì stabilmente poche settimane dopo quella partita.

La gara fu ricca di gol e più equilibrata del previsto, un po per lo spirito amichevole e un po per la già citta scarsa forma fisica degli ungheresi, che fu però sufficiente per fare 7 gol.
I biancazzurri furono comunque abili abbastanza di rispondere segnandone altri 4 a loro volta, in una gara ricca di emozioni che pose di fronte ai tifosi sanremesi che avevano riempito il comunale il grande calcio di quei giocatori che meno di 3 anni prima avevano sfiorato il Mondiale.

Sovrappeso e ormai sulla trentina abbondante, la stella più luminosa di quella squadra, Puskas, sarebbe come detto, rimasto poi in riviera ancora per un pò, fino all’estate del 1958, allenandosi e giocando alcune partite fra Liguria e Toscana, impossibilitato al tesseramento dalla federazione ungherese.
Secondo alcuni l’idea di convincerlo a restare in riviera, avrebbe potuto realmente fare breccia nel cuore dell’ungherese, che infatti negli anni tornerà più volte a salutare chi lo aveva accolto forse nel momento più difficile della carriera.

Poi nell’estate del 58, mentre ai Mondiali in Svezia il calcio vede la nascita del mito di Pelè,
dopo alcuni abboccamenti con l’Inter, firmerà con il Realmadrid, in un clima misto, di entusiasmo, ma anche di grande scetticismo per un grande campione dato per finito.

Finirà con 150 gol in 180 presenze, 6 campionati spagnoli, ma soprattutto 3 delle 5 coppe dei Campioni con il quale i “Galacticos” compariranno per la prima volta sulla scena europea. Una delle quali rifilando personalmente 4 gol ai tedeschi dell’Eintracht di Francoforte.
Tutt’ora nessuno lo ha mai eguagliato.

Le foto usate nel video a breve integrato sono a cura di Kovács József, Tibor Erky-Nagy, Faragó György e Laslovarga.