Un pomeriggio che sa di pietra, acqua e ricordi antichi. Al Centro Sociale Incontro APS di San Bartolomeo al Mare la scorsa settimana si è svolto un appuntamento dedicato alla riscoperta delle radici locali, con un focus speciale su mulini, frantoi e bealere: le vene che, per secoli, hanno alimentato la vita della Valle Steria.
A condurre questo viaggio nel tempo è stato Giorgio Fedozzi, studioso di storia locale, che con il suo stile coinvolgente ha riportato in vita un mondo oggi quasi dimenticato, ma che ancora pulsa sotto la superficie della modernità. Forte di oltre quarant’anni di ricerche sul campo e negli archivi, Fedozzi – affiancato da alcuni membri del Circolo culturale Cà de Puiö – ha offerto una narrazione viva e documentata.
Le parole di Giorgio Fedozzi
“Parliamo di mulini e frantoi che non sono solo edifici, ma testimoni silenziosi di secoli di storia agricola”, ha esordito ai nostri microfoni Giorgio Fedozzi. I primi mulini per la macinazione del grano risalgono almeno al Trecento, quando erano di proprietà dei feudatari e sfruttavano l’energia idraulica del torrente Steria e dei suoi affluenti, grazie a un ingegnoso sistema di canalizzazione: le bealere. Con l’evolversi delle coltivazioni, questi mulini si trasformarono in frantoi da olive, accompagnando la nascita e l’espansione dell’olivicoltura ligure.
Tra i più noti, il Molino del Fico e i Tre Molini, citati già in documenti del XIV secolo. Accanto a questi impianti idraulici, la valle ospitava anche i cosiddetti ‘gumbi a sangue‘, frantoi più piccoli nei quali la macina veniva azionata dalla forza di un animale, e in alcuni casi perfino dall’uomo.
“Il consumo dell’olio per uso alimentare è relativamente recente“, ha raccontato Fedozzi. “È solo tra il Quattrocento e il Cinquecento che si afferma nelle cucine, soprattutto grazie alla domanda crescente di Genova“. Ed è proprio il legame con la Superba a far decollare la produzione nella Valle Steria: la città ligure impose infatti alle comunità rivierasche di fornirle olio, poiché quello prodotto nella valle – considerato tra i migliori – era essenziale per l’approvvigionamento urbano.
Oggi, sebbene la produzione sia calata, l’olio d’oliva continua a rappresentare un’identità viva della valle, un’economia che si affianca al turismo e mantiene viva la memoria del territorio. “Un tempo gli uomini andavano per mare d’estate, poi tornavano per la raccolta delle olive, e in inverno si occupavano della frangitura. Un ciclo perfetto, un uso intelligente delle stagioni e delle risorse umane“, ha concluso Fedozzi.
Nel video-servizio a inizio articolo le parole di Fedozzi.