In occasione delle celebrazioni dei 40 anni della Protezione Civile di Dolceacqua abbiamo approfondito, insieme ad alcuni operatori, il tema legato al Dipartimento, formalmente istituito il 13 febbraio 1990 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e al suo stato di salute in provincia di Imperia.
Tra le voci sentite durante la giornata c’è quella di Pietro Bongiovanni, della Protezione Civile Riviera dei Fiori – Pompeiana, con cui abbiamo affrontato diversi aspetti della questione. Prima, però, ha commentato con noi quello che negli ultimi mesi è stato probabilmente il fatto di cronaca più noto a livello nazionale nella zona: la scomparsa del piccolo Allen nel ventimigliese. Un episodio che ha visto in prima linea anche la stessa Protezione Civile di Pompeiana, protagonismo che Bongiovanni preferisce condividere con le centinaia di persone che hanno partecipato alle ricerche e al ritrovamento del bambino.
“Il salvataggio, come già ho detto, è stato un colpo di fortuna”, spiega. “C’è stato un grandissimo lavoro di squadra dove si sono intervallati centinaia di volontari. Come lo hanno trovato i miei poteva essere chiunque. È stato un grandissimo lavoro d’equipe”.
Partendo da questo spunto, Bongiovanni ha condiviso alcune riflessioni sulle criticità del corpo, sottolineando come la principale sembra essere l’operare prevalentemente in modalità reattiva agli eventi, auspicando per il futuro una maggiore programmazione preventiva, e non solo.
“Della Protezione Civile non bisognerebbe ricordarsi solo durante le celebrazioni o gli avvenimenti”, punge pacatamente. “Bisognerebbe cercare, non dico soldi, ma un rapporto con le istituzioni più profondo e collaborativo per migliorare fra tutti. Quando noi invece fronteggiamo un’emergenza, come ad esempio un incendio è sempre un qualcosa che viene fatto ‘in quel momento’. Perché non riusciamo a trovare un attimo il tempo di vederci, fare una programmazione, dei piani, decidere cosa funziona e cosa no? Quella per me dovrebbe essere la base della Protezione Civile”.
Con lui c’è Sandro Cerri, caposquadra del Dipartimento di Taggia, che evidenzia positivamente l’evoluzione dei rapporti tra i diversi distaccamenti nel corso degli anni.
“C’è molta più complicità adesso”, dice. “Un tempo era forse molto più facile che ci fosse invidia fra di noi”.
Un’altra criticità evidenziata da Bongiovanni è un leitmotiv generalizzato, ossia la difficoltà a reclutare nuove persone, soprattutto fra i più giovani. Una difficoltà che, in una regione come la Liguria, già all’avanguardia in Italia per il cosiddetto “inverno demografico”, e in particolare nella nostra provincia, dove molti ragazzi si trasferiscono dopo le scuole superiori verso le grandi città per motivi di studio o lavoro, ha ormai assunto da tempo un carattere strutturale.
In questo contesto, le problematiche elencate da Bongiovanni però sono molteplici.
“Faccio l’istruttore. Abbiamo visto che di ragazzi non ce ne sono quasi più”, racconta. “Trovi dei 40-50enni e poi magari 4-5 ragazzini. Ci sono anche tanti paletti, diciamo. Un ragazzino magari verrebbe anche, ma fino ad una certa età alcune cose non le puoi fare. La macchina, ad esempio, non gliela fai guidare. Sono un insieme di cose che nel complesso dovrebbero essere più accessibili per portare più facilmente dei ragazzi. Detto questo ci capita spesso di fare seminari nelle scuole, degli stage. C’è poco interesse, non solo verso di noi, ma anche verso ad esempio la Croce Rossa”.
“C’è un calo generale pauroso. Forse rispetto a prima c’è anche un po’ meno senso civico in generale”, chiosa.
Nel video servizio a inizio articolo l’intervista completa a Pietro Bongiovanni.