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Ai Martedì Letterari del Casinò di Sanremo, Mario Maffucci e Andrea Scarpa il 6 maggio nel loro libro “Samurai” svelano retroscena, curiosità, “tradimenti” di vincitori e vinti, da Baudo a Celentano.

1984 un anno terribile, delicato, importante per il Festival di Sanremo, per il vastissimo ed incredibile mondo della canzone italiana fatto di successi, sconfitte, artisti, personaggi veri, che hanno lasciato il segno e, purtroppo, anche gente fasulla.

1984, 34esima edizione del Festival della canzone italiana, roba di un secolo fa, macchina incredibile che aveva cominciato a macinare soldi a gogò, bloccare, incollati davanti alla tv, alla radio, sempre più milioni di persone a seguire le tre serate del Sanremo.

1984, quattro numeri che all’improvviso potevano ribaltare la situazione. Dare inizio, alla Vannacci, ad un mondo al contrario, distruggere decenni di lavoro proprio la sera di quel 2 gennaio, inizio della bella favola del Festival della canzone italiana.

Ad appiccare l’incendio una causa giusta, la difesa di centinaia di posti di lavoro. Da Genova col treno, bus, moto, auto, erano arrivati a Sanremo, esasperati e stanchi di lottare, 2.000 metalmeccanici dell’Italsider. Pronti a tutto pur di impedire la chiusura dello stabilimento “Oscar Sinibaldi” e il licenziamento di centinaia di lavoratori. Pronti a tutto, pur di aiutare colleghi e loro famiglie, nonostante a Sanremo fosse arrivato un massiccio rinforzo di carabinieri, polizia in assetto anti sommossa. Pronti a tutto, bloccare l’Ariston, impedire con ogni mezzo l’inizio del Festival.

Pippo Baudo, l’intera organizzazione, i Vacchino proprietari del mitico Teatro Ariston, erano seriamente preoccupati. Per non parlare del sindaco, cantanti, invitati, il pubblico che aveva acquistato i biglietti, i super ospiti stranieri a cominciare dai Queen, Paul Young, Randy Crawford, gli italiani Beppe Grillo, Nino Manfredi solo per citarne alcuni. Un lungo elenco di veri big che hanno poco o nulla da spartire con gli ospiti di Festival recenti. In quegli anni, oltre che responsabile della redazione de La Stampa di Torino, per 8 anni consecutivi facevo anche parte dello staff dell’ufficio stampa del Festival, organizzato dalla Publispei, patron il grande Gianni Ravera. Testimone oculare che se il Festival non fosse partito per la Rai sarebbe stato un danno enorme. L’intera manifestazione correva il rischio, secondo i più pessimisti, addirittura di morire. Era un piatto che faceva gola a Roma, Milano, Napoli, a tanta gente, anche politici. In fibrillazione personaggi come De Mita e Andreotti. Lo stesso Pippo Baudo non sapeva che pesci pigliare, cosa fare.

Fortunatamente tra i responsabili organizzatori Rai c’era un certo signor Mario Maffucci, ora in pensione dopo aver firmato ben 18 Festival, all’epoca capo struttura. Ebbe l’idea e la capacità di convincere Baudo ad affrontare in piazza, davanti al teatro, a viso aperto, i 2.000 metalmeccanici genovesi esasperati. Offrire loro che una delegazione di 6 persone, per la prima volta nella storia della Rai e del Festival, salisse sul palco dell’Ariston ed avesse a totale disposizione telecamere, microfoni della tv di Stato, Eurovisione per dire all’Italia, all’Europa, al mondo quello che stava accadendo a Genova, all’Italsider, a centinaia di lavoratori e famiglie di essere licenziati, perdere il posto di lavoro. Un azzardo, un po’ come giocare al Casinò. Detto e fatto. In quel momento ero il solo giornalista dell’ufficio stampa del Festival a conoscere bene Sanremo, soprattutto come uscire e rientrare all’Ariston in sicurezza. Preso il giubbotto, mancavano pochi minuti alle 20.30, ho accompagnato un Pippo Baudo molto teso, ancora senza smoking, chiuso in un cappotto, fuori dal teatro, in mezzo ad una bolgia di migliaia di persone, carabinieri, polizia, striscioni a favore dei lavoratori. In quel clima incandescente. Baudo ha riacquistato freddezza riuscendo a convincere i dimostranti ad accettare la soluzione proposta. Poco dopo ad aprire il 34esimo Festival di Sanremo sono stati i 6 dell’Italsider, a sintetizzare con onestà, garbo, franchezza la gravissima situazione dell’azienda, ringraziando la Rai e Sanremo. L’Italia tutta che ha seguito in diretta tv e alla radio l’inaspettato fuori programma, capendo la gravità del problema ed il rischio che davvero potesse finire male, ha salutato i 2.000 dell’Italsider con applausi. Molti hanno anche pianto.

Il 6 maggio, praticamente tra 2 giorni, alle 16.30 al Teatro del Casinò di Sanremo, ad ingresso libero sino esaurimento posti, ad inaugurare il ricco ed importante calendario del mese di maggio dei Martedì Letterari, curato dalla dottoressa Marzia Taruffi, ci sarà Mario Maffucci, proprio uno dei testimoni e massimi protagonisti di quel Festival thriller insieme ad Andrea Scarpa, uno dei giornalisti più noti della capitale, responsabile macro cultura e spettacoli de Il Messaggero di Roma. Insieme hanno scritto il libro “Samurai”, presente in tutte le librerie, dove vengono scritti momenti, situazioni, comportamenti, segreti, aneddoti curiosi mai svelati di tanti Festival di Sanremo. Successi di trasmissioni e protagonisti storici che hanno fatto grande la Rai e la città dei fiori. A partire proprio dai Festival firmati Ravera, Aragozzini, cantanti vincitori come Albano, Villa, Tajoli, Modugno, Leali, Oxa, Cutugno, Ruggeri, Ranieri, Morandi, Zanicchi, Bobby Solo, Ricchi e Poveri, Matia Bazar, Mike Bongiorno, Celentano, Eros Ramazzotti, Vecchioni, Il Volo, sino ad arrivare a Mengoni, Måneskin, Mahmood, Angelina Mango, il vincitore dello scorso anno, il genovese Olly con la canzone “Balorda Nostalgia”.

Oggi, come il secolo scorso, il Festival con il braccio di ferro Sanremo-Rai-rinnovo convenzione, carte bollate, ricorsi al Tar, al Consiglio di Stato, nuovi marchi e brevetti che nascono come i funghi sembra rivivere gli stessi rischi del 1984. Mario Maffucci il 6 maggio al Teatro del Casinò, con Andrea Scarpa, il libro “Samurai”, oltre al loro interessante Amarcord, potrebbero dare a Palazzo Bellevue e al sindaco Mager, all’assessore al Turismo, Sindoni, come allora, consigli preziosi.