festival di sanremo

Mesdames et messieurs, faites vos jeux. Rien ne va plus. Il Consiglio di Stato ha parlato: con una sentenza ha stabilito che il Festival di Sanremo nei prossimi 3 anni, vale a dire le edizioni 2026-2027-2028, verranno affidate da Palazzo Bellevue, il Comune dei fiori, della canzone italiana e del Casinò, solo attraverso una gara. Capito sindaco, avvocato Alessandro Mager, assessore al Turismo, avvocato Alessandro Sindoni, intera giunta e maggioranza formata da indipendenti-centro e sinistra? I vari ricorsi, spuntati nei mesi scorsi come funghi con l’obiettivo di cancellare proprio l’obbligo della gara a vario titolo, di fatto sono stati inceneriti, bruciati. Annullati, bocciati anche tentativi e richieste avanzati dalle corazzate Rai e Rai Pubblicità con l’obiettivo principale di annullare proprio l’obbligo della gara. Con bandiere e slogan sono scese in campo anche associazioni dei consumatori.

Che succederà ora. Per Sanremo è arrivato un raggio di sole tra le mille nuvole nere che per settimane, su giornali nazionali, tv, radio, gettavano ombre sul futuro del Festival dando notizie che se Sanremo, scusate il termine, non calava le “braghe”, il Festival, con molti se e molti ma, il vertice di viale Mazzini lo avrebbe traslocato senza difficoltà a Torino, Milano, in Romagna, a Napoli, in tante altre città e regioni dell’italico stivale pronte non a chiedere soldi. Addirittura darne loro, anche parecchi, a Mamma Rai. Come dicevano i latini: “Verba volant, scripta manent”, le parole volano, gli scritti rimangono.

Per sapere che aria tira, se si sorride o si tengono sempre le dita incrociate, insomma qualcosina di “quasi certo”, come si dice in gergo “non uscire dai binari” come da qualche tempo, purtroppo in crescendo, si legge, si vede, si sente, abbiamo telefonato a metà pomeriggio al sindaco Mager. Non ha risposto. Mi è sorto un dubbio: ho sbagliato numero. Non credo. Ho telefonato pure all’assessore al Turismo Sindoni. Anche lui non ha risposto. Entrambi in ferie? Mentre cercavo una risposta intelligente mi è arrivato un messaggio dall’assessore: “Non posso parlare”. Tre minuti dopo altro suo messaggio: “Sono in treno”. Ho risposto chiedendogli almeno una battuta, oppure quando era libero, lui da solo o con il sindaco, concedere a Riviera Time e a L’Eco della Riviera una intervista, meglio una conferenza stampa anche piccola, piccola, aperta a tutti. Non ai soliti fortunati. Anche per non lasciare sanremesi, turisti italiani e stranieri che affollano la città e la Riviera sempre all’oscuro di tutto. Senza intralciare incontri, colloqui, delicate trattative. Risposta telegrafica di Sindoni che si può sintetizzare così: “In questa fase non stiamo rilasciando dichiarazioni (lo si sapeva, ndr) sul Festival, siamo in fase di negoziazione”.  Anche questo lo si sapeva. Comunque grazie per aver risposto. 

La negoziazione, se non è cambiata, parte con una richiesta alla Rai di un contributo, per l’esclusiva Festival di 6,5 milioni di euro l’anno più l’1 per cento della pubblicità che Mamma Rai raccoglie al Sanremo Festival. Lo scorso anno, 75esima edizione, ha registrato un record assoluto superando i 65 milioni di euro. I bene informati di Roma e Milano per il 76° Festival – del 2026 – sussurrano che viale Mazzini avrebbe già chiuso in cassaforte dagli sponsor oltre 68 milioni di euro. Insomma come dicono i cugini francesi “c’est l’argent qui fait la guerre”. Bruttissima espressione, ma verità, che purtroppo sta bruciando follemente e sempre più tragicamente il mondo. E non parliamo di canzonette. Una vergogna per tutti, a cominciare da capi di stato, da chi ha più poteri e miliardi, nessuno escluso.

Tornando al Festival, Mager e Sindoni in primis non hanno terreno facile, ma una cosa è certa: il Festival della canzone italiana è nato a Sanremo e deve rimanere a Sanremo sino quando modernità, intelligenza artificiale, tecnologia esasperata non faranno danni irreparabili al cervello, all’umana intelligenza di ciascuno. Il Sole 24 Ore è stata la testa giornalistica che ha dato oggi la notizia della Corte di Cassazione. Prima di finire di scrivere ho telefonato a diversi amici  e colleghi giornalisti che lavorano a Roma. In sintesi mi hanno detto che al momento non sono molto interessati al Festival. Anche perché ci saranno altre sorprese, altre carte bollate, a cominciare, pare dalla società “Je” che avrebbe o starebbe per iniziare una nuova causa, perché il bando di partecipazione all’asta fatto da Palazzo Bellevue sarebbe stato troppo su misura pro Rai. Vero, falso, solite voci senza arte né parte? Ce lo dirà, come sempre il tempo. Questa volta però ne resta pochissimo, in epoche normali sarebbe già scaduto. Un collega, una firma importante di un’importante testata della capitale in due parole ha sintetizzato quello che si pensa nei piani alti di Roma, politica, Rai, affari: “Al momento il Festival è un racconto freddo”.