A Roma, nei piani alti della Rai, del governo, di molti partiti, onorevoli, senatori, discografici, press agent, a torto o a ragione da tre giorni si sta parlando, discutendo parecchio in crescendo del Festival. Quale futuro, cosa sarebbe meglio fare, accettare le condizioni del Comune di Sanremo, mantenere la gallina dalle uova d’oro o lasciare? Basta, stop, cercare altre città, lidi diversi, nuove avventure? Lasciare la roulette favorevole, generosa, milionaria del Casinò municipale, del Teatro Ariston di Sanremo e, come moderni Ulisse, spinti forse anche dall’AI, dall’intelligenza artificiale, si preferisce, si desidera umanamente ricercare l’ignoto?
A parlare, ad interessarsi del Sanremo sotto il cupolone di San Pietro personaggi di primissima fila del calibro dell’amministratore delegato Rai, Giampaolo Rossi, scelto e voluto al vertice di Viale Mazzini dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Roberto Sergio che ha ceduto-scambiato il suo posto con Rossi diventando direttore generale Corporate. Altri nomi importanti come Simona Agnes, eletta presidente Rai, figlia del grande Biagio Agnes, storico presidente degli anni ’80 che ha firmato, organizzato, animato tanti ottimi Festival. Altri nomi di rilievo? Antonio Marano, presidente del consiglio di amministrazione Rai, Alessandro Di Majo (in rappresentanza del Senato), Roberto Natale e Federica Frangi (per la Camera). Tutte nomine ratificate dal Consiglio dei ministri, dall’assemblea degli azionisti presente l’azionariato Mef, Siae. Per i dipendenti Rai è stato eletto per la seconda volta consecutiva nel Consiglio d’amministrazione Davide Di Pietro.
Il conto alla rovescia per il 76° Festival di Sanremo al Teatro Ariston finalmente è entrato nel vivo. Se parlassimo di calcio, visto il tempo perso ed il pochissimo rimasto, si parlerebbe di “zona Cesarini”. Si farà a Sanremo o volerà a Napoli? Sì, no, quando? In che data del 2026? Sempre nei primissimi mesi dell’anno, com’è tradizione o le prossime Olimpiadi invernali che si faranno in Italia, al Nord, a Cortina, in Veneto, Lombardia, Piemonte (?) rivoluzioneranno il calendario? Avranno la precedenza visto quanto costano allo Stato, cioè a tutti noi? Ad organizzare il Sanremo 2026, come è sempre stato, sarà “Mamma (?) Rai” visto la recentissima sentenza del Consiglio di Stato che ha praticamente blindato le ragioni, la linea di Palazzo Bellevue respingendo le istanze di Viale Mazzini o, se non si troverà un accordo che accontenti entrambi entro fine mese si sarà arrivati al capolinea? Difficile pronosticare chi sarà il vincitore. Per dirla alla Gino Bartali, grandissimo campione del ciclismo, toscano purosangue di Firenze, “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”! Il tempo questa volta non aiuta, se n’è perso già troppo, l’ultimo Cda della Rai è stato fissato per il 30 luglio, tra 3 giorni. Se allungato di 24 ore, scadrà il 31 luglio. Poi a fine mese inizierà il boom delle ferie estive per politici, pubblici amministratori, dirigenti e via cantando.
Il sindaco di Sanremo, Alessandro Mager e l’assessore al Turismo, Alessandro Sindoni, entrambi avvocati, professionisti molto noti e stimati non solo in Riviera ed in Liguria dello “Studio legale Avvocati Solerio-Mager-Sindoni” di Sanremo, giovedì erano a Roma. Hanno avuto un lungo colloquio con il vertice di Viale Mazzini per cercare di trovare la quadratura del cerchio. Sono tornati a Sanremo, ma come stabilito nessuno “ha mosso verbo”. Nessuno ufficialmente ha rilasciato dichiarazioni. No comment. Com’è noto la Rai accusa Sanremo di chiedere troppo per rinnovare il contratto di altri 3+2 anni di esclusiva del Festival: 6 milioni e mezzo di euro l’anno più l’1% degli incassi di pubblicità e la ripresa e la messa in onda di altri eventi da concordare. Attualmente la Rai dà a Sanremo 5 milioni di euro a Festival. Lo scorso anno Viale Mazzini dalla pubblicità ne avrebbe incassati 65. Quest’anno pare che ne abbia già messi in cassaforte, anche se non cè ancora nulla di concreto, una cifra addirittura superiore. Si parla di 68 milioni, forse più. E le chiamano canzonette. Una domanda a Palazzo Bellevue e a chi amministra l’economia sopra tutto, a chi sa ed è attento agli incassi, alle spese, a chi confeziona e firma contratti. Penso un numero concreto di persone: invece che chiedere l’1% alla Rai dei suoi incassi pubblicitari, da sempre zona off limits, meglio non far sapere, tutto riservatissimo, perché invece che 6 milioni e mezzo di euro a partire dal prossimo 2026 non chiederne direttamente subito 7 per ogni anno? Durante le contrattazioni, se necessario, di farle lo sconto massimo di 400 mila euro. Non credete che sarebbe stato più facile ottenere 6 milioni e 600 mila euro l’anno, se si fosse rinunciato sin da subito all’1% degli introiti della pubblicità? Ammettendo che arrivassero addirittura 70 milioni dai vari sponsor, Suzuki in testa, alla Rai per il 76° Festival la città dei fiori ci guadagnerebbe ancora di più. Non ci credete? Fate i conti, ma con la calcolatrice? Altra domanda: forse a Palazzo Bellevue non sarebbe ora di cambiare tecnologie, qualche vecchia calcolatrice e… qualche cervello?