Domenica 26 maggio p.v. saremo chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento europeo; tale appuntamento rappresenta un significativo momento di partecipazione politica, un vero e proprio âesercizio di sovranitĂ â tramite un voto, che non coinvolge soltanto aspetti tecnici o amministrativi, ma mette in campo importanti temi di vita personale e sociale inerenti ambiti decisivi sotto il profilo etico come la vita, la famiglia, la giustizia, la libertĂ e la solidarietĂ .
“LâEuropa culla dellâumanesimo integrale.
Ă precisamente tale piĂč profonda prospettiva a farmi decidere, come pastore, di richiamare lâattenzione al dovere di esprimere un voto âsecondo coscienzaâ, che per un cattolico significa agire in modo da favorire la diffusione della civiltĂ cristiana, la civiltĂ dellâamore, caratterizzata dalla fede come valore capace di dare senso allâesistenza intera e di plasmare efficacemente ogni comunitĂ a misura dellâuomo.
Tutto ciĂČ Ăš particolarmente vero per lâEuropa, realtĂ culturale e storica, prima ancora che aggregazione di Stati o di sistemi finanziari.
Diceva Churchill: “Qui (in Europa) Ăš la fonte della fede cristiana e dell’etica cristiana. Qui Ăš l’origine di gran parte delle culture, delle arti, della filosofia e della scienza, nell’antichitĂ come nei tempi moderni”[1]. Ă importante tenere presente questo, perchĂ© i valori umani che professiamo oggi sono frutto di una storia bimillenaria.
Come affermava il cardinale J. Ratzinger “I valori umani fondamentali per la visione cristiana del mondo rendono possibile, in un dualismo fruttuoso di Stato e Chiesa, la libera societĂ umana, nella quale Ăš assicurato il diritto alla libertĂ di coscienza e con esso i diritti fondamentali dellâuomo”[2].
Come cattolici, non solo siamo a favore dellâEuropa, ma desideriamo pure contribuire come in passato, con lâapporto di un umanesimo autentico e religioso, a creare uno spazio comune che favorisca la libertĂ , i diritti umani e il progresso integrale dellâuomo. San Giovanni Paolo II parlava dellâEuropa dei popoli, che si estende dallâAtlantico agli Urali, immaginando unâEuropa che non smarrisse gli ideali cristiani e che fosse propulsore della cristianitĂ .
Una storia rinnegata.
In questi anni purtroppo abbiamo registrato una tendenza culturale volta a cancellare, nascondere e ridimensionare la matrice cristiana dellâEuropa. Un pensiero anticristiano si Ăš affermato come egemone, in nome di una singolare tolleranza interreligiosa e di una malintesa laicitĂ .
Ci scuotono le domande di Papa Francesco: “Che cosa ti Ăš successo, Europa, terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti Ăš successo, Europa, madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignitĂ dei loro fratelli?”[3].
Se lâEuropa continuasse a vivere come una colpa la propria tradizione, la propria storia e la propria identitĂ , sarebbe destinata ad arrendersi ad un globalismo mondiale, che rende le persone pedine di un sistema economico che ruota attorno al consumismo e al volume degli affari, in cui non câĂš spazio per la solidarietĂ , per la vita, per la famiglia, per lâuomo. LâEuropa Ăš nata anche nei passaggi cruciali di Poitiers (732), di Lepanto (1571) e alle porte di Vienna lâ11 settembre 1683.
Assistiamo a ricorrenti tentativi di creare cittadini europei che non si sentano piĂč ânĂ© cristiani, nĂ© italiani, nĂ© francesi, nĂ© padri, nĂ© madri, nĂ© maschi, nĂ© femmineâ. Le leggi sullâeutanasia e sullâaborto nonchĂ© tutta la questione delle rivendicazioni gender hanno mostrato il limite e la pericolositĂ di questo pensiero. Ă bene, al riguardo, precisare che la Chiesa non difende tali valori per tradizionalismo, perchĂ© sono i valori di una volta, o per tutelare una posizione di dominanza etica, ma perchĂ© si trovano dentro una prospettiva di promozione autentica dellâuomo.
Ancora J. Ratzinger diceva: “Ogni popolo europeo puĂČ e deve riconoscere che la fede ha creato la propria patria e che perderemmo noi stessi sbarazzandoci della nostra fede”[4].
UnâEuropa costruita sulla convinzione che dimensione religiosa e identitĂ vadano cancellate, che lâanima dellâEuropa sia non avere unâanima, Ăš unâEuropa destinata a dissolversi.
La scomparsa della giusta autostima europea Ăš associata ad uno âstranoâ rifiuto di sĂ© dellâOccidente, che si puĂČ qualificare come âpatologicoâ: da una parte esso si mostra completamente aperto a ciĂČ che gli Ăš estraneo mentre si rivela chiuso ed ostile a ciĂČ che la propria storia ha di grande e di puro, evidenziando solo ciĂČ che in essa ci sarebbe di deprecabile e di distruttivo.
Come diceva J. Ratzinger: “Nel momento in cui lâEuropa mette in questione o elimina i propri fondamenti spirituali, si separa dalla propria storia e la definisce una cloaca, la risposta di una cultura non europea non puĂČ che essere una reazione radicale e un ritorno allâindietro, a prima dellâincontro coi valori cristiani”[5].
Lâoccidente sembra oggi vergognarsi della propria storia e addirittura rinnegarla; eppure lâidentitĂ Ăš necessaria per realizzare una progettualitĂ di vita, non solo di lavoro o di organizzazione strategica, perchĂ© noi apparteniamo alla nostra storia e ne siamo figli. Molti tendono ad alimentare e legittimare la cultura dellâodio verso noi stessi, finendo vittime di un âcomplesso occidentaleâ, in cui si enfatizza un presunto debito della nostra civiltĂ verso altre. Qualcuno auspica il crepuscolo della religione cattolica come la piĂč intollerante di tutte, colpevole di ogni crimine e di ogni misfatto.
La ricerca di altri modelli e altre spiritualitĂ .
Molti osservatori rilevano che lâEuropa ha perso in gran parte la propria âidentitĂ interioreâ, i valori, la cultura e la fede e, mentre rifiuta le proprie fondamenta religiose e morali, contestualmente insegue spiritualitĂ esotiche. La costatazione del âvuoto interioreâ dellâEuropa Ăš confermata da vari indicatori, come la mancanza di entusiasmo di fronte al futuro, che si evince specialmente nella reticenza a trasmettere la vita o a fare scelte che impegnino per lâavvenire. I figli sono visti come minaccia per il benessere e lâindipendenza; a ciĂČ si aggiunga la diminuzione delle unioni matrimoniali e la fragilitĂ delle stesse.
La «multiculturalità », da tanti spesso invocata e auspicata per annacquare e sminuire la matrice cristiana dellâEuropa, significa in realtĂ il rinnegamento di ciĂČ che ci Ăš proprio. Scriveva Romano Guardini: “lâEuropa, ciĂČ che Ăš, lo Ăš attraverso Cristo [âŠ] Se lâEuropa si staccasse totalmente da Cristo, allora, e nella misura in cui questo avvenisse, cesserebbe di essere”[6].
Alcuni ideologi oggi sostengono la necessitĂ di âtrapiantiâ dal di fuori, che annullino lâidentitĂ europea e la ricostituiscano su altre basi. Qualcun altro sostiene che la multiculturalitĂ e lâimmigrazione di massa nascondano in realtĂ un progetto di massificazione della forza lavoro e di un impoverimento generale, ma su questo rinvio a valutazioni piĂč competenti e argomentate. A me come pastore sta a cuore una societĂ che promuova davvero il bene dellâuomo, in cui vengano rispettate le fragilitĂ come la condizione dei bambini (anche quelli non ancora nati), degli anziani e delle persone che soffrono. Ad esempio, non ritengo che possa essere un segno di progresso unâEuropa che facilita e talvolta incoraggia la âdolce morteâ dei suoi cittadini, che guarda allâaborto come una conquista di civiltĂ , preoccupata piĂč dei cambiamenti climatici che della sua vita spirituale.
Occorre ritrovare lâamore per la nostra civiltĂ cristiana. Non si puĂČ invocare la superioritĂ morale di altri modelli, che si rivelano invece persecutori dei cristiani, o sono realmente incompatibili con la nostra concezione di promozione umana: negativamente efficace lâimmagine di unâEuropa che, malata di depressione, Ăš tentata da âpulsione suicidaâ.
Solo unâEuropa capace di ritrovare se stessa potrĂ essere in grado di rispondere allâurgenza dellâaccoglienza, cui ci esorta incessantemente Papa Francesco, senza che il âtrapiantoâ diventi âcolonizzazioneâ o âsostituzioneâ.
Una sovranitĂ responsabile.
Un altro punto importante del dibattito in corso ritengo si possa individuare nella contrapposizione tra Ă©lite e popolo. Usando con disinvoltura la categoria di populismo si presuppone che ci sia unâĂ©lite illuminata alla quale spetti di decidere le sorti della massa di precari, lavoratori, disoccupati e del ceto medio disagiato. Ad un populismo fomentatore di sentimenti di rivendicazione nelle masse si contrappone una Ă©lite che, sulla base di una qualche sapienza superiore, vorrebbe instaurare un mondialismo classista, che alimenti la guerra tra poveri, una sorta di imperialismo che assoggetti i cittadini a decisioni incontrovertibili e ineliminabili, dove le ragioni della finanza e dei mercati prevalgono sul benessere vero dellâuomo. Questa contrapposizione deve essere superata, comprendendo il disagio sociale, la povertĂ e la fatica che stanno alla base di certe rivendicazioni frettolosamente etichettate come populiste o estremiste. E in questo la politica deve ritrovare il suo ruolo piĂč specifico quale luogo di mediazione, che ascolta le istanze popolari e trova soluzioni per farvi fronte. Come ci ricorda Papa Francesco, abbiamo il dovere di essere “vigili e attenti al grido dei poveri, di coloro che sono privati dei loro diritti, degli ammalati, degli emarginati, degli ultimi”[7].
La crisi di fiducia nellâEuropa oggi Ăš crisi di fiducia nella politica, intesa come crisi di idee, di risorse e di capacitĂ effettiva di saper interpretare e sostenere le istanze dei cittadini. Spesso vi Ăš la sensazione di unâUnione Europea caratterizzata da âantidemocratiche, pletoriche, oscure istituzioniâ. In tale contesto sembra che nessuno decida piĂč davvero, e che le scelte, soprattutto quelle impopolari, siano sempre colpa di qualcun altro. Chi comanda veramente spesso non Ăš visibile ed esercita un potere dallâombra, de-responsabilizzato. Ă questo il fenomeno descritto da alcuni osservatori come una sorta di âespropriazione della sovranitĂ degli Stati e dei popoliâ. Ă opportuno allora recuperare il principio di vera e buona sovranitĂ , in base alla quale lo stato sovrano ha davvero il compito di decidere e determinare secondo la propria volontĂ conseguenze concrete e fattuali a beneficio del bene comune, di cui deve rispondere davanti ai cittadini. In tal modo si puĂČ superare il rischio di un potere globale lontano e inavvicinabile che non ascolta piĂč il popolo e che non guarda piĂč al popolo come al destinatario di ogni sua azione.
Restituire sovranitĂ allâEuropa, alle nazioni che la compongono e ai suoi cittadini puĂČ essere davvero una prospettiva cui guardare con interesse.
Parlare di sovranitĂ non significa cedere alla deriva del nazionalismo e del razzismo, puntualmente riprovati da San Paolo VI, che nellâEnciclica âPopulorum Progressioâ – documento di immutata attualitĂ – scriveva: âAltri ostacoli si oppongono alla edificazione di un mondo piĂč giusto e piĂč strutturato secondo una solidarietĂ universale: intendiamo parlare del nazionalismo e del razzismo. (âŠ) Ă pure normale che nazioni di vecchia cultura siano fiere del patrimonio, che hanno avuto in retaggio dalla loro storia. Ma tali sentimenti legittimi devono essere sublimati dalla caritĂ universale che abbraccia tutti i membri della famiglia umanaâ[8].
UnâEuropa di popoli sovrani, non Ăš unâEuropa chiusa al dialogo e al confronto, ma unâEuropa che tutela e valorizza le comunitĂ locali, le loro specificitĂ e peculiaritĂ , contro unâeterna sudditanza rispetto a poteri che non sono oggetto di una delega democratica, nĂ© di una verifica popolare, nĂ© possiedono altra legittimazione. Diciamo siÌ allâEuropa: un sĂŹ ragionevole, critico e costruttivo.
Conclusioni.
Queste elezioni, dunque, chiamano in causa anche la nostra fede, la convinzione, la capacitĂ di testimonianza cristiana e la possibilitĂ di edificare una civiltĂ autenticamente a servizio dellâuomo. Per questo occorre tornare ad una concezione della ragione che si fondi sul profondo rispetto verso Dio e verso i valori etici fondamentali, derivanti dalla fede cristiana, da cui dare vita a quel «nuovo umanesimo europeo» che Papa Francesco auspica. La Chiesa eÌ cattolica anche perchĂ© tutti possono convergere intorno a elementi di dottrina e di vita buona, che fanno appello alla ragione dellâuomo.
In sintesi desidero condensare il mio appello proponendo il testo di una preghiera liturgica che bene esprime i riferimenti piĂč significativi per una coscienza cristiana:
âO Dio, che manifesti agli erranti la luce della tua veritĂ ,
perché possano tornare sulla retta via,
concedi a tutti coloro che si professano cristiani
di respingere ciĂČ che Ăš contrario a questo nome
e di seguire ciĂČ che gli Ăš conforme[9]â.
Ribadisco accanto al diritto di tutti di esprimere il voto anche il dovere di partecipare alla consultazione elettorale, specialmente per un cristiano, allo scopo di dare buona e ragionata testimonianza di come i contenuti della fede possano e debbano dare forma alle istituzioni e alla vita comunitaria.
Lâimpegno del cattolico in politica spazia dal coinvolgimento diretto, vero esercizio di caritĂ , come ricordava Papa Francesco[10] sulla scia dellâinsegnamento di San Paolo VI, ad un esame critico e attento delle diverse proposte e allâonesta divulgazione di nomi, formazioni e programmi rispondenti alla visione cristiana.
Nella scelta dei nostri rappresentanti politici, resta valida lâindicazione dellâallora cardinale J. Ratzinger: “Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lĂŹ la vera umanitĂ . Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare allâintelletto degli altri, ed il loro cuore possa aprire il cuore degli altri”[11].
Ă necessario considerare la storia politica delle persone, per escludere esponenti che abbiano giĂ promosso o attuato prospettive non conformi ai nostri valori, ma soprattutto Ăš ancor piĂč necessario considerare attentamente la storia e i programmi dei vari partiti e dei loro riferimenti europei, per scegliere quelli idonei a custodire e incrementare la nostra bimillenaria civiltĂ cristiana, non dimenticando che, nella difficoltĂ del discernimento spesso vincolato alla scelta del âmale minoreâ, occorre essere coerenti nel rispetto di una gerarchia di valori che metta al primo posto quelli ânon negoziabiliâ e direttamente correlati ai precetti della legge divina.
Condividendo le ansie e i problemi di tutti, Papa Francesco ci invita a realizzare una «amicizia sociale», per un dialogo e un incontro in cui ciascuno offra il contributo della propria esperienza alla vita comune, proprio a partire da quel patrimonio culturale e spirituale cristiano che ha fatto dellâEuropa la culla dellâumanesimo integrale”.
[1] W. Churchill, Discorso all’UniversitĂ di Zurigo, 19 settembre 1946.
[2] Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, Perché siamo ancora nella Chiesa, Rizzoli, Milano 2008.
[3] Francesco, Discorso in occasione della consegna del Premio Carlo Magno, 6 maggio 2016.
[4] Joseph Ratzinger, Omelia a Cracovia, 13 Settembre 1980.
[5] Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, Perché siamo ancora nella Chiesa, Rizzoli, Milano 2008.
[6] R. Guardini, Europa. Compito e destino, Morcelliana, 2004.
[7] Francesco, Omelia durante il viaggio in Macedonia, 7 maggio 2019.
[8] S. Paolo VI, Lettera Enciclica Populorum Progressio, Roma 1967, n. 62.
[9] Messale Romano, Orazione Colletta, LunedĂŹ della III Settimana di Pasqua.
[10] «Coinvolgersi nella politica Ăš un obbligo per un cristiano. Noi cristiani non possiamo âgiocare da Pilatoâ, lavarci le mani: non possiamo. Dobbiamo coinvolgerci nella politica, perchĂ© la politica Ăš una delle forme piĂč alte della caritĂ , perchĂ© cerca il bene comune», Francesco, Discorso agli studenti delle scuole gestite dai Gesuiti in Italia e Albania, Roma, 7 giugno 2013.
[11] J. Ratzinger, LâEuropa di Benedetto nella Crisi delle Culture, Cantagalli, Siena 2005.