âQuesto ulteriore suicidio avvenuto nel carcere di Imperia deve far riflettere sulla condizione in cui vivono i detenuti e su quella in cui Ăš costretto a operare il personale di Polizia Penitenziariaâ, dice Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, commentando il 69esimo suicidio nelle carceri del 2024. Lâuomo suicida, italiano, era nato nel 1977, con una pena brevissima di soli 6 mesi, con fine pena a gennaio 2025. Una precedente carcerazione era durata un anno tra il 2016 e il 2017 per piccoli reati (furto, resistenza).
âSpesso, questi eventi, oltre a costituire una sconfitta per lo Stato, segnano profondamente i nostri agenti che devono intervenireâ, prosegue Capece. âSi tratta spesso di agenti giovani, lasciati da soli nelle sezioni detentive per la mancanza di personale. Servirebbero anche piĂč psicologi e psichiatri, vista lâalta presenza di malati con disagio psichiatrico. Spesso, anche i detenuti, nel corso della detenzione, ricevono notizie che riguardano situazioni personali che possono indurli a gesti estremiâ.
âSiamo costernati e affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere Ăš una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea. Ma nessuno puĂČ sentirsi indifferente a queste morti. Il personale di Polizia Penitenziaria Ăš sempre meno, anche a seguito di questi eventi oramai allâordine del giorno. Stiamo vivendo unâestate di fuoco nelle carceri e servono immediatamente provvedimenti concreti e risolutivi: espulsioni di detenuti stranieri, invio di tossicodipendenti in comunitĂ di recupero e psichiatrici nelle Rems o strutture analoghe. Il personale di Polizia Penitenziaria Ăš allo stremo e, pur lavorando piĂč di 10/12 ore al giorno, non riesce piĂč a garantire i livelli minimi di sicurezza. Fino a quando potrĂ reggere questa situazione?â
Per questo, Capece ribadisce che si rendono sempre piĂč necessari gli interventi urgenti suggeriti dal SAPPE per fronteggiare la costante situazione di tensione che si vive nelle carceri italiane: âNon Ăš piĂč rinviabile una riforma strutturale del sistema, anche ipotizzando eventualmente di ridurre il numero di reati per cui sia previsto il carcere e, conseguentemente, implementare delle pene alternative alla detenzione e avviare una efficace struttura che consenta la loro gestione sul territorio. Il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria non si fa prendere per il naso da chi oggi pensa di avere scoperto lâacqua calda e i problemi carcerari, sollecitando improbabili indulti e leggi svuota carceri, mentre per mesi ed anni non hanno detto una parola sui provvedimenti delle varie maggioranze politiche di ogni colore al Governo che, nel tempo, hanno destabilizzato il sistema e destrutturato la sicurezza nelle carceriâ.







