La Casa Museo Antonio Carena, in collaborazione con il Comune di Cervo, in occasione del centenario della nascita del pittore (1925–2025), è lieta di presentare la mostra “Antonio Carena. Cielo come orizzonte”, ospitata nello storico oratorio di Santa Caterina.

L’inaugurazione è in programma sabato 12 luglio alle ore 17. L’esposizione, visitabile fino al 28 settembre, intende rendere omaggio a una delle figure originali e poliedriche dell’arte italiana del secondo Novecento, portando “in viaggio” le sue opere, come racconto itinerante del suo percorso artistico e umano.

Definito “colui che trovò la luce del buio” e “colui che rese pop case e carrozzerie”, Carena ha saputo attraversare con vitalità e spirito sperimentale tutti i decenni dell’arte contemporanea, senza mai perdere la propria identità.

Nato a Rivoli nel 1925 in una famiglia di decoratori, si forma presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino sotto la guida di Enrico Paulucci. Sin dagli esordi, il suo linguaggio si distingue per una personale ricerca della luce, influenzata dal classicismo caravaggesco e presto evolutasi in una pittura astratta, informale e infine visionaria.

Diplomatosi nel 1950 vince il premio Dino Uberti come miglior allievo, nello stesso anno partecipa alla XXV Biennale di Venezia. Nel 1951 vince il Premio per la Cattedra di Pittura alla II Mostra Nazionale delle Accademie di Belle Arti, tenutasi a Napoli.

“Nel 1955 Albino Galvano curò la sua prima mostra personale, all’interno della rassegna Europa Giovane a Torino, dove l’artista presentò i suoi Paesaggi Materici, opere oscure ispirate ai paesi di campagna.

Le sue prime ricerche oggettuali le Carrozzerie e trance metalliche (1963), le Pellicole (1964) vengono esposte alla Galleria Sperone di Torino (1965) e alla Galleria Scipione di Macerata (1966), con un testo critico di Edoardo Sanguineti.

Da quel momento, la sua carriera si sviluppa rapidamente: espone nel 1959 alla storica mostra internazionale Arte Nuova, organizzata al Circolo degli Artisti di Torino portando i suoi Ghiacci o Paesaggi Lunari, accanto a nomi come Pollock, Burri, Vedova, Fontana e altri protagonisti della scena artistica internazionale. Nel 1961 viene invitato a Parigi da Michel Tapié a esporre presso la Galerie de la Seine.

Nel 1965 Carena inaugura il suo ciclo più iconico Pop: i Cieli, dipinti realizzati su soffitti, muri, barattoli, plexiglass e persino carrozzerie d’auto, come la celebre Fiat 500, esposta ad Artissima nel 1995.

Sperimenta l’Arte Povera e l’iperrealismo, fino a realizzare opere di graffitismo provocatorie come Droga droga droga o performance pubbliche come Nulla da dire, nulla da ascoltare, che nel 1970 animò Piazza San Carlo a Torino con una marcia silenziosa di cartelli bianchi.

Attivo anche come promotore culturale, tra il 1961 e il 1963 dirige la Galleria L’Immagine di Torino, dando spazio a giovani allora emergenti come Aldo Mondino e Piero Gilardi.

Negli anni ’80 è tra i primi a portare la street art in Italia, decorando spazi pubblici e privati, tra cui lo scalone del Castello di Rivoli (1984), l’Hôtel de Ville d’Albert a Parigi (1988) e le sedi Martini & Rossi (1988) e gli uffici degli Agnelli a Roma (1992).

Le sue opere sono oggi visibili in numerosi spazi urbani, tra cui il MAU – Museo d’Arte Urbana di Torino e il Piazzale Antonio Carena a Rivoli, a lui intitolato nel 2013. Altri luoghi che ospitano suoi interventi sono Piscina Arte Aperta, BondArte (Biella), la Sala delle Arti di Collegno (TO), Bagnolo (TO) e molti altri.

Nel 2006, all’età di 81 anni, ha realizzato una performance di body painting intitolata Oggi sereno, al Museo di Scienze Naturali di Torino. Sotto la regia di Willy Darko, l’artista dipinse di azzurro una modella in movimento trasformando la coreografia in pittura.

Si spegne nel 2010, nella sua casa-studio di Rivoli (TO), oggi trasformata in Casa Museo, visitabile su prenotazione.

La mostra “Cielo come orizzonte” è un invito a rileggere l’opera di Carena in tutta la sua ricchezza, dalle origini alla maturità, attraverso dipinti, installazioni, materiali d’archivio e foto, testimoni della sua instancabile ricerca. Una retrospettiva non solo celebrativa, ma viva, pensata per un pubblico ampio e trasversale.