“Il problema, l’ostacolo non è il lupo, ma l’abbandono della montagna e l’indifferenza della politica. Noi avevamo 1300-1400 ettari di pascolo, oggi siamo ridotti a 600”. Roberto Trutalli, sindaco di Pigna, ha aperto così il convegno dell’altra sera in Comune intitolato “Parliamo ancora del lupo”, più che mai d’attualità alla luce della sua crescente presenza (e dei tanti avvistamenti, anche nella fascia costiera) in provincia di Imperia, delle tante notizie spesso approssimative che circolano, della questione degli attacchi alle greggi.
Promosso dalla biologa sanremese Patrizia Gavagnin, studiosa della fauna e impegnata nei vari progetti di ricerca sulla diffusione del lupo in Liguria, assieme al Comune di Pigna, il confronto ha permesso di sfatare molti luoghi comuni, indicare quello che può essere il giusto rapporto tra lupo, ambiente, uomo con le sue attività, senza cadere in posizioni contrapposte e spesso aprioristiche.
Gavagnin, nel suo approfondito intervento, ha tenuto a ribadire alcuni punti fermi: “Il lupo non è stato reintrodotto (una delle false notizie che circolano), è tornato gradualmente in Liguria tramite migrazione, perché si sono ricreate condizioni favorevoli, dopo che era stato sterminato in virtù di un Regio Decreto che fino al 1971 è rimasto in vigore, consentendo di cacciarlo in ogni modo: con armi da fuoco, trappole, avvelenamento, perché considerato nocivo come altri selvatici: la lontra, il tasso, tutti i rapaci diurni e notturni. Le prime tracce del ritorno del lupo in Liguria sono state rinvenute nel 1984 a La Spezia, poi negli anni Novanta sono stati censiti numerosi esemplari nel genovese, e quindi anche in provincia di Imperia. Il lupo è un predatore, ma ha paura in modo innato dell’uomo. Quando lo si vede in una strada, vuol dire che si sta spostando per cercare una nuova zona oppure, se finisce vicino o dentro ai centri abitati, è perché ha seguito una preda. Bisogna evitare, questo sì, di lasciare ad esempio cani liberi in zone naturali, perché possono diventare un obiettivo del lupo. Così come è bene non lasciare rifiuti domestici in giro, specie nei paesi, perché possono attirarlo”.
Interessante, e portata come esempio da seguire, la testimonianza di Nicola Farina, storico e geografo-pastore imperiese che da più di vent’anni accudisce greggi di pecore sulle montagne francesi della regione Rodano-Alpi: “La pastorizia in Francia è stata salvata dal lupo. Non è un paradosso: la sua diffusione ha costretto politica, sindacati del settore, operatori, opinione pubblica a cercare una forma di convivenza e un nuovo modo di lavorare. Gli allevatori si sono riuniti in groupements pastoraux per condividere le spese (affitto degli alpeggi, stipendio dei pastori, amministrazione). Ci sono poi le associazioni di proprietari che affittano gli alpeggi. Ci sono pastori dipendenti per contratto con gli allevatori, con stipendio e contributi stabili in base alle convenzioni firmate dai sindacati. Gli stipendi medi mensili sono di 2.000 euro”.
Farina ha parlato della sua esperienza quotidiana: “Fare il pastore non è solo un fatto economico, è un’esperienza di vita, culturale, in stretto rapporto con l’ambiente. Ci sono stati anni in cui anch’io ho perso diversi capi sbranati dai lupi, alternati ad anni in cui invece non c’è stato alcun attacco. È fondamentale il ruolo dei cani da guardiania, come i pastori maremmani, che devono essere educati, istruiti con la massima attenzione, anche per non costituire un pericolo per le persone. Ogni anno in Francia viene per questo organizzato un corso gratuito per i pastori. E poi, con il gregge, bisogna starci, non abbandonarlo a se stesso. Il problema principale sono le migliaia di turisti che, spesso del tutto impreparati, si riversano in montagna soprattutto d’estate. Spesso disturbano le greggi, per non parlare dei troppi che in mountain bike sfrecciano a ridosso delle pecore spaventandole e agitando i cani”.
In Francia, nel 2025, sono stati ufficialmente censiti 1.013 lupi, e sono stati autorizzati 192 abbattimenti, il 19% del totale, in seguito ad attacchi ripetuti su un territorio ben preciso.
Il capitano dei Carabinieri Forestali di Imperia, Alberto Sartori, ha illustrato le varie norme in materia di protezione del lupo e la loro evoluzione, ed evidenziato un fenomeno nuovo e da non sottovalutare per i rischi che comporta (in primis per l’animale): quello del lupo “confidente”, che per comportamenti sbagliati dell’uomo – come appunto abbandonare rifiuti domestici all’aperto, se non addirittura volontariamente del cibo, come avvenuto con i cinghiali – è portato ad avvicinarsi alle realtà urbane, abbandonando la sua innata diffidenza e paura. “Il lupo non è un pericolo per l’uomo – ha sottolineato – ma è sbagliato provare a interagire con lui: va lasciato andare per la sua strada”.
Toccato, infine, il tema dell’approvazione a maggioranza del Parlamento europeo, nei giorni scorsi, del declassamento del lupo da “specie rigorosamente protetta” a solo “protetta”, che andrà ora recepita dai singoli Stati (in Italia la commissione del Senato ha già detto sì), valutata in rapporto ad altre norme nazionali confliggenti (come la legge quadro italiana sulla caccia), e tradotta in eventuali piani di abbattimento da parte delle Regioni. La questione è aperta, e ci sarà battaglia, anche in Liguria.
Claudio Andreini, funzionario della Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) Imperia, ha invece sottolineato: “Io parlo a difesa di coltivatori e allevatori, che hanno il diritto di lavorare in tranquillità. Gli attacchi dei lupi e la perdita di bestiame si ripetono, i risarcimenti per i capi sbranati sono inadeguati, non si può vivere di sussidi. Non siamo per lo sterminio dei lupi, ma serve un tavolo di confronto tra tutte le parti interessate per definire forme di controllo, e quindi anche abbattimento”.