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Anche nel periodo delle feste di Natale proseguono le lezioni ‘du nosciu dialettu’, per riscoprire la lingua e le tradizioni locali. Ai nostri microfoni, come sempre, Giannetto Novaro, castellotto doc, 88 anni, da poco nominato presidente onorario della Communitas Diani.

Novaro è un vero superstite di un’epoca in cui la società era scandita dal ciclo annuale delle operazioni agricole. Uomo d’altri tempi, rappresenta oggi una memoria vivente del territorio, custode di saperi, parole e racconti che rischierebbero altrimenti di andare perduti. 

‘Pôviu de mí, meschín de mí che a me veggetta a ne l’éa cuscí‘ – la spiegazione di Giannetto Novaro

Oggi protagonista è un’antica canzoncina dialettale, molto diffusa un tempo, ‘Pôviu de mí, meschín de mí che a me veggetta a ne l’éa cuscí’ – ‘Povero me, meschino me, che la mia vecchietta non era così’.

“Parla di un uomo che, dopo la morte della moglie, si risposa con una ragazza molto giovane. All’inizio pensa di aver fatto la scelta giusta, ma poi si accorge che non è così. Da lì cominciano i guai, perché la ragazza è inesperta e sventata e combina solo pasticci”, ha spiegato Novaro.

Il protagonista della canzoncina, come racconta Novaro, è sopraffatto dal rimpianto. “A un certo punto si pente e dice: ‘Ma chi me l’ha fatto fare?’. È rattristato e deluso. La frase dialettale diventa il simbolo di chi ha perso qualcosa di importante“.

“Questa canzoncina tornava spesso in mente alle persone che erano state felici e poi venivano catapultate in un momento di sconforto e dolore. Con tanta malinconia si ricordavano i tempi migliori e dicevano: ‘Com’era bello quando avevo la mia vecchierella’”.

Al centro del racconto c’è il confronto tra passato e presente. “L’uomo si è illuso di ritrovare gioia e serenità con una donna giovane e invece si è trovato solo problemi. Era una storia che faceva sorridere, ma faceva anche pensare, perché parlava della vita vera”, ha concluso.

Nel video-servizio a inizio articolo l’intervista integrale a Novaro.