Sarà inaugurata sabato 9 agosto, alle ore 18, al Bastione di Mezzodì di Cervo, la mostra “Adalberto Campagnoli. Segno e Forma tra Arte e Pubblicità”, a cura del Comune di Cervo, promossa dal “Comitato Cervo Arte e Mostre” con il sostegno della “Compagnia du Servu”.

La mattina del 9 agosto, alle ore 11, sarà scoperta la targa commemorativa davanti alla dimora dell’artista con una cerimonia ufficiale alla presenza della sindaca Lina Cha e delle altre figure istituzionali del Comune.
Promenade musicale del Gruppo Cameristico Alchimea e Sara Terzano (arpa celtica) dall’ arco, in cui è possibile ammirare l’affresco di San Giorgio che uccide il drago realizzato dallo stesso Adalberto Campagnoli, fino alla casa dell’artista.
Il pomeriggio alle ore 17 la mostra sarà presentata nella sala consiliare del Comune di Cervo con i saluti della Sindaca di Cervo Lina Cha, del Delegato alla Cultura Walter Norzi, del Presidente della Compagnia du Servu Giuseppe Raimondo.

Coordinerà l’incontro la professoressa Antonella Martina del Comitato Cervo Arte Mostre.

I nipoti di Adalberto Campagnoli ricorderanno la figura del nonno, mentre la storica dell’arte Ivana Mulatero, direttrice del Museo Mallè di Dronero, illustrerà la mostra nel quadro dell’opera dell’artista.

Interventi musicali “Entr’act, Musica e colori, magia dei luoghi” dell’arpista Sara Terzano (arpa moderna a pedali).

Alle ore 18, al Bastione di Mezzodì Vittorio Desiglioli, preludio alla mostra con musiche del Gruppo Cameristico Alchimea.

In occasione della serata del 5 luglio nell’ambito della manifestazione “Cervo ti Strega” giunta alla dodicesima edizione, la famiglia Campagnoli ha donato al vincitore del Premio Strega una “affiche” originale dall’archivio di famiglia “Adalberto Campagnoli”.

Adalberto Campagnoli, un pioniere tra arte e pubblicità

Il disegno all’impronta e le capacità ritrattistiche e caricaturali, portano Adalberto Campagnoli nella prima giovinezza a compiere un apprendistato personale che tocca varie località della Francia, da Parigi alla Costa Azzurra, a contatto con gli esponenti di punta dell’arte francese, da Henry Matisse e Marc Chagall. Tornato in Italia, soggiorna dapprima a Cuneo dove inizia l’attività professionale di disegnatore e curatore editoriale e, in seguito, si stabilisce a Torino, dove s’inserisce nell’ambiente artistico della fine degli anni Venti caratterizzato dalla vitalità delle correnti del Secondo Futurismo e dalle coeve esperienze post impressioniste dei Sei, dal magistero di Felice Casorati e dalla scultura astratto gestuale di Umberto Mastroianni. Nella città subalpina svolge la sua carriera artistica e di pubblicitario, realizzando dipinti, acquerelli, locandine e manifesti di cui una settantina attualmente conservati presso il Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso.

Dagli anni Cinquanta, alterna con lunghi soggiorni a Cervo Ligure dove crea un cenacolo artistico e promuove premi e concorsi d’arte i cui echi sono ancora presenti nelle numerose manifestazioni indette dal borgo ligure. Si spegne a Torino nel 1983.

Dipinti, disegni, manifesti, depliant e cartoline di Adalberto Campagnoli”

La mostra su Adalberto Campagnoli, “Segno e forma tra Arte e Pubblicità” a cura di Ivana Mulatero in collaborazione con Silvia Astrua Campagnoli, Adriano Campagnoli e Mauro Campagnoli, presenta una selezione di dipinti, disegni, manifesti, depliant e cartoline. Si tratta di una ricostruzione storica del percorso artistico di Adalberto Campagnoli che tiene conto degli sconfinamenti fecondi dalla pubblicità alla pittura, a partire dal primo amore, il disegno, che rappresenta la preesistenza non solo di un codice genetico famigliare – si ricorda il disegnatore ritrattista, scultore accademico ottocentesco, Italo Campagnoli, cugino del bisnonno – ma del modo stesso di vedere il mondo, per linee, forme e semplificazioni di colore e segno. Tra la sua vita di pubblicitario e quella di pittore non ci sono stacchi, poiché egli estrae dal mondo reale l’equilibrio della composizione e le sue linee forza costruttive, secondo la lezione matissiana con il valido completamento delle sintesi futuriste che, tra gli anni Venti e Trenta, Adalberto Campagnoli incontra a Torino. La capitale subalpina era una officina di motori in ebollizione, con decine e decine di fabbriche spinte dall’esempio Fiat a inventare nuovi modelli, proporre prodotti per il consumo quotidiano. La cosiddetta nascente società industriale di lame e creme, freni e frizioni, cioccolatini e liquori trovava nell’inventiva brillante di Adalberto Campagnoli l’interprete eccellente per visualizzare con segni e forme i nuovi prodotti. A ventitré anni realizza la buffa reclame pubblicitaria “Lama Italia – Crema Gem” pubblicata sul periodico “Le vie d’Italia”, edito a Milano nel 1928 con tre omini geometrici con cravatta e paglietta.

Adalberto Campagnoli aggiorna i modelli pubblicitari stancamente ancora legati al gusto Liberty e Decò con le committenze dell’Ente Provinciale per il Turismo di Torino per la promozione delle località turistiche: dalla cromolitografia su carta “Visitate Torino” (manifesto del 1939, ora conservato a Treviso presso il Museo Nazionale Collezione Salce) coevo a quello ideato per “Balme Sestriere Bardonecchia Salice d’Ulzio” stampato sempre dalla Gros Monti & C. di Torino. Geometria, sintesi, briosità, humour, eleganza, sono i vettori d’espansione del “creativo” ante litteram Adalberto Campagnoli sul versante pubblicitario tra gli anni Trenta e Quaranta, un settore agli albori nella società italiana non ancora dominato dalla televisione e dal marketing.

Nel corso dei successivi decenni, lo sconfinamento da pubblicità a pittura si fa ancora più palese, trasformando una visione di spazio e di colore di un paesaggio invernale nella grazia che si finge candida ed è capricciosa di un gioco di piatti ritagli da stampa cinese nei manifesti e nelle copertine dei depliant turistici.

La sinteticità del tratto e i suoi toni eleganti e spigliati, associati alla struttura narrativa in cui è calata l’immagine degli oltre settanta manifesti realizzati nell’arco dell’intera esistenza, costituiscono i caratteri essenziali della freschezza e schiettezza espressiva – come lo ricorda Armando Testa, suo ammiratore – e ritornano efficacemente nelle pitture da camera, dai “Nudi nel paesaggio” (1950) al “Ritratto di Wanda”, da “Interno sul mare” (1955), a “Rose” (1970) e alla “Natura morta” (1978).

“A me sembra – così rifletteva Adalberto Campagnoli nel 1968 – che la mia pittura d’oggi tranne qualche divertente deviazione, sia quella di sempre e cioè un esercizio continuo nel fare rifare, un avanti indietro, una specie di altalena alla ricerca di quell’optimus…”.