Nella foto a sinistra Guido Goya

“In memoria di Guido Goya (1948-1996) e Elio Bargi (1939-1985). Per i fatti accaduti a Sanremo il 2 luglio 1984. In ricordo di Guido Goya per il suo impegno amministrativo per la città di Sanremo. In ricordo di Elio Bargi che ha perso la vita nello svolgimento del proprio servizio. L’amministrazione comunale”.

Sanremo, 1° agosto, alle 11, a Villa Zirio, con questa targa di sette righe si ricorderà e si rivivrà una delle pagine più tragiche degli ultimi 40 anni.

Saranno presenti le massime autorità: il sindaco Alessandro Mager, gli assessori al Turismo e ai Lavori pubblici Alessandro Sindoni e Massimo Donzella, tutti e tre avvocati, e il figlio di Goya, Federico, anch’egli avvocato e giornalista, giunto poche ore fa da Roma con familiari, altri figli, parenti delle vittime, conoscenti, colleghi, amici, testimoni, ma anche sconosciuti colpiti al cuore da quell’inumana tragedia.

Di quell’incredibile, barbaro pomeriggio di sangue, di folle sparatoria: due morti, feriti, cinque persone coinvolte, prese di mira proprio nel cuore della città, nella centralissima e affollata piazza Colombo.

Alle 11, nei giardini di Villa Zirio, verrà scoperta la targa “In memoria di…” che ricorderà, doverosamente e per sempre, quella tragedia.

Era l’estate del 1984, il 2 luglio. Il killer Jacques Joseph Perrona, meglio conosciuto in città – e dalla malavita – come “Masaniello“, 46 anni, nato a Tunisi, militante nella Legione straniera in Africa, era riuscito a fuggire dalla Libia, dove si era rifugiato ed era ricercato per una condanna a morte, per poi arrivare in Italia, a Sanremo.

A Sanremo lo conoscevano tutti: un tipo strano, che per anni, con un contratto del Comune, aveva fatto il custode della stazione delle corriere, filobus e bus pubblici, alloggiando in uno stanzino proprio sotto piazza Colombo, a due passi dall’Ariston.

Dopo la folle sparatoria, tra i feriti e i morti, una domanda si è posta per diverso tempo quasi tutta la comunità: conoscendo chi fosse “Masaniello”, perché, quando c’erano processi di stranieri, africani, libici, veniva chiamato dal tribunale proprio lui come interprete?

Masaniello, quel pomeriggio del 1984, fu spietato. Come si legge nella preziosa cronaca del sanremese Andrea Gandolfo, dal titolo “Una sparatoria nel cuore di Sanremo”, pubblicata nel Notiziario storico dell’Arma dei Carabinieri, n. 5, anno III, a scatenare la sua ira sarebbe stata una lettera di Palazzo Bellevue inviatagli il 28 giugno. Una comunicazione dove si diceva che il Comune non gli avrebbe più rinnovato il contratto temporaneo da custode.

Chi era riuscito a procurargli, nonostante i clamorosi precedenti, quel posto?

Nella pubblicazione si legge che “era dal 1979 che Perrona svolgeva le mansioni di custode notturno e beneficiava, concessigli da Palazzo Bellevue, anche di un paio di spazi – ex gabinetti dell’autorimessa – che egli aveva trasformato nella propria abitazione”. Verso le cinque del pomeriggio di quel 2 luglio, Perrona venne raggiunto dal messo comunale Elio Bargi, che gli notificò, all’interno della stazione, la disdetta del contratto e il conseguente sfratto. Perrona dovette aver calcolato lucidamente tutto. Dopo una breve discussione, l’ex legionario estrasse una pistola – un revolver Trident calibro .38 Special, di fabbricazione italiana – e fece fuoco sul messo comunale.
Con Bargi c’era anche Angelo Mediati, 22 anni, sul quale il folle scaricò gli ultimi colpi. Il giovane si abbatté sulle scale che portano al solettone di piazza Colombo.

All’interno dell’autostazione, in quel momento piena di gente, fu il panico. Tutti fuggivano per mettersi in salvo. Perrona si affacciò sulla porta del bar, si fermò un istante per ricaricare la pistola e poi, inforcato un motorino, imboccò in senso vietato via Bartolomeo Asquasciati, sparando all’impazzata sui passanti.

Due proiettili infransero i vetri del negozio di ferramenta di Raffaele Canessa, neoconsigliere comunale per il Partito Repubblicano. Una pallottola lo sfiorò al polpaccio. Altri colpi andarono a segno e colpirono il ventiduenne Enrico Laganà e una casalinga, la signora Carla, appena scesa dall’autobus.

Masaniello, con la motoretta, raggiunse piazza Colombo. Vide arrivare Guido Goya, anche lui con lo scooter. Gli arrivò alle spalle e gli scaricò addosso tutti i colpi che aveva in canna: tre pallottole lo ferirono gravemente al viso, al torace, alle gambe. Masaniello sembrava un ossesso: voleva ricaricare e finire il lavoro.
A salvarlo fu il coraggioso intervento di un carabiniere che gli saltò addosso e lo tramortì colpendolo con l’arma alla testa.

I feriti furono soccorsi e portati all’ospedale. Per due di loro, purtroppo, non ci fu nulla da fare: Elio Bargi morì per primo, a poche settimane di distanza dal ferimento. Goya resistette più a lungo, ma dopo qualche anno spense anche lui gli occhi, lasciando la moglie e il figlio piccolo, amatissimi.

“Masaniello”, arrestato, fu dichiarato incapace di intendere e volere e ricoverato in diversi ospedali. Ma perché, nonostante i precedenti e la pericolosità, fu rilasciato dopo pochi anni?

Il suo corpo senza vita fu ritrovato in una stanza-cantina della Pigna, la città vecchia di Sanremo, un gioiello storico e culturale troppo spesso dimenticato.

L’ex più volte sindaco Leo Pippione, che lo scelse per ben due volte come assessore – prima al Turismo – ha dichiarato: “Guido si era distinto per stile e professionalità negli anni del boom delle tv locali. Candidatosi nel 1980 al consiglio comunale, raccolse largo suffragio. Fu anche presidente dell’Orchestra Sinfonica con successo. Rieletto nel 1984, fu assessore al Turismo, quindi alla Polizia Amministrativa. Lo stesso anno della seconda elezione fu vittima della follia di uno sconsiderato. Ferito gravemente da un’arma da fuoco, fu salvato, ma gli strascichi dell’operazione ne minarono il fisico. Morì precocemente, lasciando la giovane moglie e un figlio infante”.

Nella foto al centro Leone Pippione

Guido, insieme abbiamo fatto tante cose. Ricorderò sempre le nostre due avventure per fondare le prime due tv private locali: Telesanremo, con il dott. Lotti e il giornalista Renato Olivieri; poi la prima tv a colori con il pubblico in sala, Canale 31, con Gian (Gianfabio Bosco, senza Ricky) e il re degli impresari teatrali dell’epoca, il prof. Milazzo, con studio e uffici in Galleria Vittorio Emanuele a Milano.

E una terza, di carattere vacanziero, a Città del Messico e Acapulco, dove – dopo l’incontro con Raffaella Carrà – insieme all’ex assessore al Turismo Gian Marco Cassini abbiamo provato il brivido del parapendio…

Ciao Guido. Ti saluto e ti abbraccio con le parole di Ben Sira che, nel 180 a.C., scrisse nel Siracide, libro della Bibbia, queste parole: “Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro”.