Immancabili anche in estate le Lezioni ‘du nosciu dialettu’, appuntamento ormai fisso per chi desidera riscoprire le radici linguistiche e culturali del Ponente ligure. Ai nostri microfoni sempre Giannetto Novaro, castellotto doc e memoria storica di un mondo contadino eche rivive nei proverbi, nei suoni e nei racconti tramandati in dialetto.
Protagonista di oggi: ‘U vín bôn u nu l’ha bezögnu de ramma‘ – ‘Il vino buono non ha bisogno di ramoscello’.
‘U vín bôn u nu l’ha bezögnu de ramma’- La spiegazione di Giannetto Novaro
“È un modo di dire d’altri tempi che oggi facciamo fatica a capire” racconta Giannetto Novaro. “Bisogna tener conto che anticamente, nei paesi, c’erano anche tre o quattro osterie. Nelle osterie di un tempo, il 95% del prodotto in vendita era vino, e tutto ruotava intorno a quello. Gli uomini si trovavano, ordinavano un bicchiere e passavano la serata insieme, a chiacchierare, a giocare a carte, a stare in compagnia”.
Secondo la tradizione, se un’osteria riceveva o possedeva un vino particolarmente buono, lo segnalava appendendo un ramoscello sulla porta d’ingresso. “Era l’unico sistema per farsi pubblicità, una specie di ‘marchio di qualità’ ante litteram. Se c’era un ramoscello, voleva dire che lì, quella sera, c’era del vino superiore, migliore rispetto al solito”.
Con il passare del tempo, però, quel simbolo è sparito. “Ormai esistono i bar e il vino è diventato una cosa rara. Interessante è sottolineare che nel paesi piccoli, non c’era più bisogno del ramoscello: bastava il passaparola. In poco tempo tutti sapevano dov’era arrivato un buon vino, e quella sera, quell’osteria si riempiva”.
Nel video-servizio a inizio articolo le parole di Novaro.