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Proseguono le lezioni ‘du nosciu dialettu’, appuntamento ormai fisso per chi vuole riscoprire le radici linguistiche e culturali del territorio. Ai nostri microfoni Giannetto Novaro, castellotto doc e memoria vivente di un mondo che sembra lontanissimo, ma che rivive nei suoni, nei proverbi e nelle immagini evocate da una lingua capace di raccontare la vita nei campi, i ritmi della natura, la saggezza popolare.

L’ultima volta, ai nostri microfoni, il protagonista è stato ‘u cüccu’ il cuculo – uccello migratore, discreto eppure familiare a chiunque sia cresciuto a contatto con la terra. Essendo il cuculo un uccello molto conosciuto, benché non visto o visto raramente, ha creato nella fantasia dei contadini numerosi proverbi. Oggi, Novaro ci ha spiegato: Finché u cüccu u nu l’ha cantàu tre vôtte, a nu semmu in primavéa‘.

‘Finché u cüccu u nu l’ha cantàu tre vôtte, a nu semmu in primavéa’

“Finché il cuculo non ha cantato tre volte, non siamo in primavera. Simile al detto una rondine non fa primavera a significare che la bella stagione deve stabilizzarsi prima di poter dire che l’inverno è veramente finito”, ha spiegato Giannetto.

Un tempo il sapere nasceva dai campi, dai versi degli uccelli, dai segni del cielo. Oggi questi saperi rischiano di andare persi se non li conserviamo, se non li raccontiamo ancora. Proverbi, storie, ritmi lenti, attenzione ai dettagli: tutto questo vive nella voce di Giannetto

La spiegazione integrale di Giannetto Novaro nel video-servizio a inizio articolo.